La storia dei vampiri non inizia con il Dracula (1897) di Bram Stoker (1847-1912). Il battesimo del più noto succhiasangue letterario non deve farci dimenticare che la storia e il folklore ci hanno restituito secoli e secoli di credenze nell’esistenza di esseri che ritornano dalla morte per molestare, uccidere o affliggere l’esistenza di chi è ancora in vita, spesso succhiando il sangue delle povere vittime. Di queste credenze abbiamo tracce già nell’antichità greca e romana, ma le attestazioni più frequenti sul vampiro europeo provengono dai Balcani meridionali e dai territori dell’Impero bizantino, veri e propri ambienti di incubazione, sviluppo e diffusione di una delle figure che, grazie alla letteratura, al cinema e alla televisione, è ancora presente nell’immaginario collettivo contemporaneo.
È probabile che oggi nessuno creda all’esistenza reale dei vampiri, ma nel passato tali credenze erano non solo vive, ma inducevano comportamenti reali, per noi inimmaginabili. I corpi dei defunti sospettati di vampirismo erano, infatti, disseppelliti, fatti a pezzi, decapitati, trafitti in vario modo e bruciati; spesso in seguito alla celebrazione di veri e propri processi con tanto di verbali e deliberazioni.
La situazione era talmente grave che, in Moravia e in Ungheria, ancora nel XVIII secolo, dilagarono, come un’epidemia, comportamenti superstiziosi le cui conseguenze giunsero all’attenzione di Maria Teresa d’Austria (1717-1780). Di fronte alle continue notizie di ritrovamenti di vampiri che accadevano nei suoi territori, la sovrana decise di vederci chiaro. Quando, il 31 gennaio 1755, arrivò a Vienna la notizia dell’ennesimo processo contro dei morti accusati di vampirismo in Moravia, Maria Teresa inviò due suoi “fisici” a investigare la faccenda e incaricò Gerhard van Swieten (1700-1772), archiatra della corte di Vienna, considerato all’epoca uno dei più illustri scienziati d’Europa, di redigere un rapporto sul caso. Il rapporto, tradotto prontamente in italiano con il titolo Considerazioni intorno alla pretesa magia postuma per servire alla storia de’ Vampiri, rappresenta uno straordinario documento di stampo illuministico, nonché uno dei primi tentativi di sfatare con l’uso della ragione una delle superstizioni più radicate dell’epoca e far luce, in maniera critica, sui motivi che inducevano tante persone a coltivare la credenza nei vampiri.
van Swieten parte dall’assunto, tutto illuministico, che le scienze abbiano già ricondotto a cause naturali molti presunti prodigi, creduti di origine soprannaturale, e che anche i fatti che dovrebbero attestare la verità del vampirismo siano riconducibili a cause naturali. In particolare, il protomedicus indaga razionalmente due circostanze che spingono molti a credere nell’esistenza dei vampiri:
1) che i cadaveri de’ Maghi postumi, o Vampiri, non marciscono, ma che restano intieri o arrendevoli;
2) che questi Vampiri inquietano i viventi con apparizioni, rumori e soffocazioni ec.
Sul primo punto, van Swieten osserva che la mancata decomposizione di un cadavere può essere riportata a cause naturali. Il modo in cui viene chiusa la cassa, la compattezza della terra, il freddo, l’imbalsamazione, la malattia precedente la morte e altre circostanze possono far sì che un corpo sia ancora incorrotto a distanza di giorni e mesi dalla morte. È il caso, ad esempio, di una donna di nome Rosa Polackin che fu accusata di vampirismo e condannata al rogo perché, essendo morta il 22 dicembre 1754, fu trovata ancora non decomposta il 19 gennaio del 1755. L’ignoranza di queste cause naturali è, dunque, all’origine del pregiudizio nei confronti dei corpi incorrotti.
Sul secondo punto, van Swieten nota che molti testimoni lamentavano una forma di “compressione” e “angoscia” che attribuivano all’azione di presunti vampiri. Per il medico di Maria Teresa, queste sensazioni suggeriscono i sintomi di malattie di petto. Non a caso i due “fisici” incaricati dalla sovrana d’Austria di indagare i fatti di Moravia, riferirono che molti soffrivano d’asma. Per il resto, è la credenza stessa a determinare l’illusione di assistere all’apparizione di esseri soprannaturali: «Un cane, o spezialmente un gatto, s’eglino sono neri, nottetempo veduti sempre sono presi per diavolo, o per uno spettro, che giri d’intorno, o dentro a un cimitero. Così, un porco, secondo gli attestati, che passava grugnendo davanti a una casa, fu preso per un Vampiro resuscitato». Anticipando, le conclusioni della psicologia della percezione novecentesca, van Swieten afferma che la percezione è condizionata da credenze, convinzioni, aspettative e altre variabili psicosociali di cui oggi conosciamo bene l’influenza, ma che, all’epoca, non erano tenute minimamente in considerazione.
van Swieten chiude il suo rapporto con una riflessione sulle conseguenze nefaste delle credenze nei vampiri per il corpo e l’anima delle persone:
Sopra fondamenti di tal sorta si ordì tutta questa storia, e si commisero de’ sacrilegi, fu violato l’asilo delle tombe; restò annerita la reputazion de’ defonti, e delle lor famiglie, che doveano aspettarsi una medesima sorte, se tali abusi via non si toglievano: furono posti nella mani del boja corpi di fanciulli morti nell’innocenza; uomini, il cui tenor di vita non fu niente riprovato, ebbero la disgrazia di essere disseppelliti sul cimitero, dappoiché una pretesa strega vi fu sotterrata. Si dichiarano stregoni; si consegnano i corpi non solo al boja, perché li riduca in cenere, pone nella sentenza, che s’avrebbon questi puniti assai più severamente, se fossero ancora in vita; e che si abbruceranno i corpi loro con infamia, affinché serva ciò d’esempio ai loro complici.
Le Considerazioni di van Swieten ebbero come risultato che Maria Teresa d’Austria, indignata dalle conclusioni del suo archiatra di corte, negò con un rescritto l’esistenza dei vampiri e avocò a sé la competenza per giudicare di eventuali casi di sospetto vampirismo. Attraverso tre decreti – la Patente sui sortilegi del luglio del 1753; il Rescritto sui vampiri del 1° marzo del 1755 e il Rescritto sulla superstizione e la magia del 6 agosto del 1756 – la sovrana diede inizio alla lotta contro la superstizione nell’età dell’assolutismo illuminato. Ordinò che per il futuro ogni decisione in merito a presunti episodi di vampirismo dovesse passare per il vaglio dell’autorità politica con il sostegno di un “ragionevole esperto medico”, facendo, in questo modo, piazza pulita dei vampiri e dei religiosi che, con i loro giudizi, davano consistenza alle credenze in essi.
I decreti di Maria Teresa funzionarono. I giudici si mostrarono più attenti, le inchieste diventarono più serie, e dai processi emersero l’idiozia, la follia o l’impostura degli imputati. Nessuno fu più condannato per stregoneria: la battaglia contro la superstizione apparve sempre di più una battaglia da combattere nella società più che nei tribunali.
A distanza di quasi tre secoli dai decreti di Maria Teresa, la loro emanazione appare francamente attuale. Se si considera che oggi legislatori e giudici decretano a favore di pseudoscienze come l’omeopatia e il metodo Di Bella, non è iperbolico desiderare l’avvento di un nuovo Illuminismo che venga a rischiarare le tenebre di una società – la nostra – ancora troppo incline a favorire credenze irrazionali, pregiudizi e cospirazioni.
Fonte: Van Swieten, G., 1988, Vampyrismus, Flaccovio Editore, Palermo.