Che il SARS-CoV-2 sia un fenomeno di interesse non meramente medico, ma anche psicologico lo dimostra una recente ricerca coordinata da Martina Amanzio del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, intitolata “Adverse events of active and placebo groups in SARS-CoV-2 vaccine randomized trials: A systematic review” e pubblicata su The lancet.
La ricerca ha preso in esame gli esiti di tre trials di vaccini approvati dalle entità regolatorie EMA e FDA e condotti su un totale di 44.326 soggetti, suddivisi, come da protocollo, in gruppi sperimentali e gruppi di controllo. Focalizzandosi, in particolare, sui cosiddetti effetti avversi sperimentati dai soggetti (mal di testa, sensazione di affaticamento, dolore localizzato ecc.), lo studio ha rilevato che questi si verificano non solo nei gruppi sperimentali, ossia in quelli che hanno ricevuto effettivamente il vaccino, ma anche in quelli di controllo, composti da individui che hanno ricevuto solo un placebo.
Una spiegazione di questo strano fenomeno chiama in causa il cosiddetto “effetto nocebo”, il cugino “antipatico” dell’effetto placebo. Per “effetto nocebo” si intende un effetto derivante dalla convinzione di ricavare un danno o uno svantaggio da una sostanza o situazione, quando questa convinzione ha come conseguenza proprio quel danno o svantaggio. Ad esempio, se ci si crede colpiti da una maledizione o da un malocchio, si possono adottare una serie di comportamenti, dettati dall’ansia e dalla paura che possono avere come conseguenza reali stati di malessere o di depressione. Se si ritiene che un infarto sta per accadere, ci si può influenzare talmente da avvertirne i sintomi e chiedere disperatamente di essere trasportati all’ospedale, come succede ad alcuni ipocondriaci.
Parimenti, come affermano gli autori della ricerca, «indurre specifiche aspettative in coloro che ricevono il placebo può provocare effetti avversi quali sintomi sistemici e locali». Sebbene questi siano presenti in quantità maggiore nei soggetti sperimentali, essi sono presenti anche nei placebo recipients
Continuano gli autori:
La profezia che si autoavvera è un fenomeno in base al quale la convinzione dell’accadimento di un evento futuro come una reazione avversa, contribuisce a farlo accadere. Essa svolge un ruolo cruciale nel dar forma alle esperienze e può essere considerata un fattore causale e non semplicemente predittivo.
Credenze come le aspettative di risposta possono influenzare le condizioni di salute, come si riscontra in campo allergologico, nella cura delle tensioni muscolari, nei disturbi gastrointestinali e nelle disfunzioni erettili, nei pazienti asmatici […].
Questo fenomeno può verificarsi particolarmente durante l’attuale condizione emergenziale pandemica e quando si testano nuovi vaccini.
Le conclusioni degli autori evidenziano un sospetto già emerso nei mesi scorsi in relazione alla recente campagna vaccinale. In altre parole, è molto probabile che gli eventi avversi fatti registrare da diversi soggetti vaccinati siano dovuti non tanto al vaccino stesso quanto alle aspettative negative dei vaccinati nei suoi confronti; effetti complicati dalla parallela campagna di disinformazione avviata da gruppi contrari al vaccino che ha certamente contribuito a suscitare paura e allarme intorno a quello che, oggi, pare l’unico rimedio efficace contro il Covid-19.
La ricerca di Martina Amanzio e del suo gruppo conferma, per l’ennesima volta, che quella del vaccino non è una faccenda meramente chimica o medica, ma coinvolge aspetti psicologici e sociologici vastissimi che spesso si sottovalutano per “amor di semplicità”.