Leggendo A Letter to a Young Clergyman (1721) di Jonathan Swift, mi è capitato di imbattermi nella seguente frase: «Reasoning will never make a man correct an ill opinion, which by reasoning he never acquired» (“Un uomo non verrà mai indotto con il ragionamento a correggere un’opinione errata che non ha acquisito con il ragionamento”). Si tratta – ho scoperto in seguito – di una frase spesso ripetuta, tanto che alcuni pensano che l’attribuzione a Swift sia apocrifa. In realtà, è perfettamente autentica (la fonte è facilmente rinvenibile) e la sua forza, come in molte frasi famose, deriva dalla densità del significato espressa in un numero limitato di parole.
Quando Swift scrisse queste parole, pensava alla verità “indubitabile” della religione cristiana nei confronti delle critiche dei liberi pensatori. Qualcuno potrebbe facilmente obiettare che nessuna religione, in realtà, si posa su fondamenta razionali e che anzi aderire a un credo è soprattutto questione di fede e, quindi, di trasporto emotivo e irrazionale.
A parte queste considerazioni, però, la verità dell’apoftegma di Swift appare con tutta evidenza ancora oggi quando ci capita di discutere con persone razziste, complottiste, negazioniste ecc.
Si tratta di individui che aderiscono a una posizione innanzitutto da un punto di vista emotivo e che ricorrono a ogni possibile razionalizzazione per conferire alle loro idee una veste ragionevole, in realtà totalmente sbrindellata.
Così, il razzista assumerà un atteggiamento cavillosamente critico nei confronti della ricerca che dimostra l’infondatezza scientifica delle tesi dei sostenitori della supremazia bianca, ma accoglierà a braccia aperte qualsiasi straccio di opinione o tesi, per quanto priva di credibilità, a conforto del suo punto di vista.
Il fautore di un orientamento politico accuserà di malafede, populismo o ideologia l’avversario che confuta le sue posizioni in base ai fatti, ma si dimostrerà straordinariamente indulgente nei confronti del sodale di partito che strilla le sue stesse assurdità da un qualsiasi scanno televisivo.
Il no-vax di turno invocherà la forza critica della ragione per “smontare” le “pretese” dei vaccinisti per poi, pochi minuti dopo, riferire di una nuova ricerca che dimostra la nocività dei vaccini, “sentita in Inernet”
Nella stessa Letter, Swift afferma a proposito di chi intende combattere queste opinioni: «This I confess is no easy task, because it is almost in a literal sense, to fight with beasts» (“Questo, lo ammetto, non è un compito facile perché, quasi letteralmente, equivale a battersi con delle bestie”).
Di bestie così oggi ce ne sono molte e, a differenza di un tempo, trovano ampia diffusione grazie al ruolo moltiplicatore di media e social. E sono difficili da fronteggiare perché non fanno altro che ripetere le medesime nenie apprese da Facebook o dall’amico che vende pesce surgelato, che, però, legge davvero tanto (nel senso di: tanti post).
L’adesione irrazionale è praticamente impossibile da scalfire, come sa chiunque abbia provato a “ragionare” con un credente. Al limite, la stessa irrazionalità della religione sarà ottimisticamente sbandierata a difesa della propria credenza, come ci ricorda il celebre “credo quia absurdum” attribuito a Tertulliano. Del resto, sacerdoti e profani continuano a ripetere che la fede è paradosso, scandalo e, insomma, non c’è ragione che tenga.
Completerei allora l’affermazione di Swift con quest’altra: “l’essere umano non è un animale razionale, ma gli piace molto razionalizzare”. Non so se qualcuno prima di me l’ha già pronunciata, ma, indipendentemente dalla paternità, l’espressione comunica un significato preciso: quando difendiamo le nostre opinioni, il più delle volte troviamo ragioni a convinzioni fondate sulla emotività o, comunque, su argomenti non razionali.
Il guaio è che questo accade non solo a razzisti, complottisti e negazionisti, ma a tutti noi. Per questo, è spesso difficilissimo avere la meglio su uno di costoro in una discussione: perché, prima o poi, anche a noi capiterà di razionalizzare, invece di ragionare.
Incidentalmente, è capitato a tanti medici, virologi ed epidemiologi assurti a star televisive dell’ultimo anno e mezzo. Ne stiamo pagando ancora le conseguenze e le pagheremo ancora per molto.
Nel frattempo, mi piacerebbe tradurre l’intera Letter di Swift: chissà che non contenga altre perle come quella che ha ispirato questo post.