Abbiamo spesso la tendenza a ritenere che i significati dei concetti siano stabili nel tempo e che quello che intendiamo, ad esempio, per “autore” e “plagio” sia quello che tutti hanno inteso sin dall’inizio dei tempi. Le cose non stanno in questi termini. Per rendersene conto si legga il seguente brano, tratto da un famoso testo medievale, il Commentario alle sentenze di Pietro Lombardo (1250-1254) di Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221 circa – 1274):
Quattro sono i modi di fare un libro. Alcuni scrivono parole altrui, senza aggiungere o cambiare alcunché, e chi fa questo è uno scriba (scriptor). Altri scrivono parole altrui e aggiungono qualcosa, però non di proprio. Chi fa questo è un compilatore (compilator). Poi ci sono quelli che scrivono sia cose altrui sia proprie, ma il materiale altrui predomina e quello proprio è aggiunto come un allegato a scopo di chiarimento. Chi fa questo si definisce commentatore (commentator), non autore. Chi invece scrive sia cose che vengono da lui stesso sia cose di altri, riportando il materiale altrui allo scopo di confermare il proprio, questi è da a chiamare autore (auctor).
Questo brano ci dice due cose che contrastano decisamente con i nostri concetti di “autore” e “plagio”. La prima è che, nel Medioevo, l’autore non era chi scriveva cose esclusivamente sue, non doveva avere necessariamente doti creative, ma poggiare, per così dire, sulle spalle dei giganti, ossia sull’autorità di chi lo aveva preceduto. La creatività assoluta non era considerata un pregio di per sé, ma poteva essere considerata anzi una forma di sfacciataggine o presunzione. Era un’opzione inattesa, anzi forse improbabile. Il vero autore tendeva a inglobare nei propri scritti le “cose di altri”.
La seconda osservazione è che l’idea di plagio – per noi quasi un crimine nefando – era parte integrante della scrittura e non era avvertita come una scorrettezza, ma anzi come la strada maestra da percorrere. Il vero autore medievale plagiava.
Ciò ci insegna che, per comprendere la storicità della nostra cultura, è necessario immergersi in culture altre e apprezzare la visione del mondo di altri tempi e luoghi. È un esercizio di umiltà che ha il beneficio di evitare superbia e arroganza etnocentrica da parte nostra.
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