Se si fa una passeggiata al Museo del Louvre a Parigi, l’etichetta riporta: “Scuola di Fontainebleau. Di anonimo. Gabrielle d’Estrées con una delle sue sorelle. 1600 circa”.
Nel quadro si vedono due dame nude in una vasca di pietra sul cui bordo è appoggiato un drappo. A destra c’è Gabrielle d’Estrées (1571-1599), l’amante ufficiale del Re di Francia Enrico IV (1553-1610), passato alla storia per la frase “Parigi val bene una messa”. I due si sarebbero dovuti sposare, ma Gabrielle morì poco prima che il matrimonio avesse luogo. Secondo alcuni in circostanze misteriose. Tra le dita della mano sinistra la donna ha un anello, mentre la mano destra è appoggiata languidamente sul bordo della vasca. La sorella ha la mano destra sul bordo della vasca, mentre con il pollice e l’indice della sinistra tiene il capezzolo destro di Gabrielle. Le due donne paiono consapevoli di avere davanti un grande pubblico.
I margini del quadro sono bordati da ricchi tendaggi rosso porpora. In secondo piano nella stanza c’è un tavolo, o una cassapanca, coperta da un panno verde. Il mobile è davanti a un camino che delimita il fondo della stanza. Un fuoco in procinto di spegnersi getta una luce fioca sul panno verde scuro. Accanto al camino siede una donna impegnata in un lavoro di cucito. Tra lei e il camino vediamo alla parete uno specchio nero. Sopra il camino si vede un altro dipinto che mostra il basso ventre di un uomo.
Il quadro sollecita tanti affascinanti interrogativi: Chi ha dipinto il quadro? Chi sono davvero le due donne? Perché sono ritratte nude in vasca da bagno? Perché una di esse tiene il capezzolo dell’altra tra pollice e indice? Perché Gabrielle, se di Gabrielle si tratta, ha quell’anello in mano? Che cosa significano quei gesti? Chi è la donna sullo sfondo? Perché uno specchio nero? Il gesto del capezzolo allude a una futura gravidanza? L’anello allude a un futuro matrimonio?
Soprattutto è interessante, a mio avviso, la distanza fra il modo in cui noi post-freudiani e culturalmente complottisti possiamo percepire il contenuto del quadro (una scena lesbica che nasconde segreti degni del Codice Da Vinci?) e il modo in cui i contemporanei percepivano i gesti delle due dame. Forse non sapremo mai che cosa significano quei gesti, che sono dunque aperti a qualsiasi interpretazione, anche la più fantasiosa e anacronistica. Ad esempio: e se le due donne non fossero sorelle, ma amanti e volessero rivelare al mondo la loro passione, magari propugnando ante litteram una unione civile simbolizzata dall’anello? Oppure: e se, nel XVI secolo, quei gesti significassero qualche strano rituale che l’erotismo evocato dal dipinto non permette di cogliere?
Intorno al significato di questo dipinto ammaliante, ha scritto un bel romanzo Wolfram Fleischhauer. Un enigma color porpora (2004, Longanesi), da cui ho tratto parte della descrizione del quadro, è un tentativo di offrire una versione romanzata (e ben scritta) del mistero del dipinto. L’autore, che ha compiuto anche delle ricerche sull’opera, è consapevole dell’impossibilità di ricostruire la verità sul dipinto. Forse non sapremo mai neppure noi come interpretare i molti elementi misteriosi dell’opera. È a questo, probabilmente, che dobbiamo parte della sua fama imperitura. E al fatto che possiamo continuare a riempirlo di tutti i significati che ci vengono in mente. Anche se sono sbagliati.