Un antropologo parla di Halloween

Si imparano molte cose dalla lettura di questo piccolo classico finora mai tradotto di Ralph Linton (1893-1953), pubblicato nel 1951 da Scientific American e laconicamente intitolato “Halloween” (vol. 185, n. 4, pp. 62-67).

Ralph Linton, uno dei più celebri antropologi americani, di cui sono state tradotte diverse opere in Italia, ha dedicato ad Halloween anche un intero libro, intitolato Halloween: Through Twenty Centuries (1950) e rappresenta ancora oggi una delle voci più serie e avvertite sulle origini di questa festa.

Leggendo Halloween, qui nella mia traduzione, impariamo che non è vero che Halloween è banalmente una “americanata”; che non è una festa pagana o neopagana venuta a usurpare le tradizioni cattoliche; che ha anzi forti affinità con le feste religiose cattoliche; che sono state queste, semmai, a fagocitare vecchie tradizioni pagane, sovrapponendosi a esse e trasformandole in altro; che le contaminazioni tra cristianesimo e paganesimo sono al cuore di questa come di altre feste che oggi percepiamo come unicamente cristiane.

Linton al riguardo è molto esplicito: «Tutte le feste del calendario cristiano hanno le loro radici nel remoto paganesimo». Spazziamo via, dunque, l’illusione che le celebrazioni a cui annualmente la Chiesa cattolica ci invita a partecipare posseggano una pristina purezza cristiana che si contrappone a una altrettanto pristina purezza pagana. Come sempre nella storia, i fenomeni sociali e religiosi sono molto più complessi di quanto piace raccontare. Solo che ai credenti più devoti dà forse fastidio ricordare che la tradizione che venerano può avere natali non proprio genuini. Di qui sforzi di ogni tipo per cancellare le macchie che infangano la narrazione tramandata, anche a rischio di falsificare platealmente la realtà. Questo è vero, ad esempio, nel caso del Natale (che tributa un profondo ringraziamento ai Saturnalia romani) e della Pasqua (che deve, invece, ringraziare Eostre, divinità germanica il cui nome è associato al rinnovarsi del ciclo della vita).

Quando si vuole diffamare una ricorrenza, infatti, il miglior modo per farlo è esibirne gli stracci sporchi della contaminazione per denunciarne le ascendenze pagane, se non addirittura diaboliche. È vero che Halloween scaturisce, secondo un’ipotesi accreditata, direttamente da riti druidici risalenti alla festività di Samhain, il Signore dei morti, i quali traevano forse afflato da alcune religioni misteriche greche. I druidi credevano che in quella occasione gli spiriti tornassero sulla terra a fare danni, ragione per cui era necessario indossare costumi e maschere per spaventarli. È anche vero, però, che alla festa celtica fu scientificamente sovrapposta la festa di Ognissanti e che i sacrifici pagani divennero presto sacrifici cristiani, come rivela scopertamente la lettera di papa Gregorio Magno (504-640) citata dalla Storia ecclesiastica degli Angli di Beda il venerabile (672-673 circa – 735) e ricordata da Linton. Toccherà poi a un altro papa, Gregorio III (690-741), spostare la celebrazione cattolica di Ognissanti dal 13 maggio al primo novembre allo scopo di spodestare (ed esorcizzare) la tradizione pagana di Samhain.

È, dunque, falsa l’idea che Halloween abbia origine negli States, come vuole un luogo comune duro a morire secondo il quale tutto ciò che è bizzarro e stravagante deve avere la propria scaturigine nel paese rappresentato dalla bandiera a stelle e strisce. Appare oggi assodato che la festa del treat or trick è emigrata oltreoceano con gli irlandesi che, a metà del XIX secolo, fuggirono il suolo natio a causa della terribile carestia di patate che li affamò, costringendoli a cercare fortuna altrove. Naturalmente, presso i discendenti degli antichi celti, Halloween non aveva ancora i caratteri che conosciamo oggi. Ma molti tratti – gli spiriti dei morti, i cortei che elemosinavano cibo, l’atmosfera scherzosa – erano già presenti nei rituali irlandesi e, in seguito, come accade di norma a ogni elemento culturale, subirono evoluzioni e “rivisitazioni” in chiave soprattutto consumistica fino a giungere alla codificazione attuale in cui l’aspetto commerciale è talmente preminente da soffocare ogni altro. Si può dire che anche Halloween, così come altre festività a sfondo religioso, si è secolarizzata. Anzi, in questo caso, il cerimoniale del consumo è diventato talmente centrale da elidere completamente ogni aspetto spirituale, relegato su un improbabile sfondo del passato che nessuno praticamente conosce più.

Ritornando alla storia della festività, non manca chi, come l’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, sostiene che Halloween sarebbe addirittura una festa italiana derivante dalla tradizione del “Coccalu di muortu” (“teschio di morto”) di Serra San Bruno, in Calabria (Lombardi Satriani, Meligrana, 1982) ed esportata successivamente in America dai tanti emigrati italiani meridionali.

Sia come sia, un ruolo preponderante nella secolarizzazione di Halloween, l’hanno avuto ovviamente il cinema, la televisione, la musica, i videogiochi, i libri e le storie in salsa orrifica che hanno contribuito a plasmare un intero immaginario oltretombale che si è espanso fino quasi a scalzare, nelle nuove generazioni, le festività limitrofe di Ognissanti e del Giorno dei Morti.

È questo forse il motivo per cui la Chiesa – o almeno alcuni suoi rappresentanti – condanna la festa di Halloween, accusandola di diffondere uno spirito anticristiano, pagano, diseducativo, estraneo alle nostre tradizioni, votato esclusivamente al consumo (Le Guay, 2004). Niente di tutto ciò corrisponde al vero, ma l’insistenza pervicace con cui le autorità cattoliche battono sull’argomento indica chiaramente come Halloween venga visto come una pericolosa minaccia in grado di sovrastare tradizioni cristiane vecchie di secoli. In realtà, maschere, offerte di cibo, questua, rapporti con i morti sono tutti elementi presenti anche in alcune festività religiose di cui, però, si preferisce vantare le origini autenticamente cristiane rispetto ai riti paganeggianti di Halloween. Quanto all’aspetto consumistico, questo è certamente presente come è presente, del resto, anche nel Natale e nella Pasqua con cui, peraltro, appare in perfetta sintonia.

Dal versante laico, invece, erano diffuse fino a qualche tempo fa le accuse secondo cui Halloween sarebbe una forma di colonizzazione dell’immaginario italiano da parte di quello americano e, dunque, uno snaturamento, se non una evirazione, dei caratteri nazionali e culturali del nostro paese. Nel corso del tempo, questa accusa è andata progressivamente affievolendosi, segno, forse, direbbe un sociologo cinico, che lo sforzo di colonizzazione ha raggiunto il suo obiettivo e che le nuove generazioni hanno pienamente interiorizzato il verbo del “dolcetto o scherzetto”. D’altronde, potrebbe banalmente essere accaduto che a trionfare non sia stato solo lo spirito di Halloween, ma quello del consumismo tout court, che contraddistingue ormai quasi tutte le nostre scelte di vita, dal divertimento al turismo, dagli abiti al cibo. L’importante, come è noto, è consumare e non importa se il gesto di consumo riguarda una festività religiosa o la scelta del poke bowl a pranzo o della prossima meta di viaggio. “Consumare” Halloween sarebbe, dunque, l’ennesima prova del trionfo di un intero sistema di valori a cui siamo ormai avvezzi e che non sorprende più nessuno, nemmeno i moralisti più apocalittici.

In tutto il mondo occidentale, le spese per Halloween sono aumentate a dismisura negli ultimi anni. Partecipare ad Halloween è diventato un dovere sociale soprattutto per le nuove generazioni, che non possono permettersi di ignorarne il richiamo, pena la squalifica sociale da parte del gruppo dei pari. Si moltiplicano, dunque, feste, maschere, costumi, travestimenti, accessori vari, sangue finto, posticce membra dilaniate e chi più ne ha più ne metta. E i protagonisti non sono solo gli adolescenti, ma anche gli adulti. Per non parlare dei tanti eventi a tema dedicati alla festa. Basti ricordare la Village Halloween Parade al Greenwich Village inaugurata a New York nel 1973.

 Un tempo, in Italia, ci si poteva permettere di guardare con sufficienza e un po’ di tristezza i gruppi di bambini che bussavano alle porte elemosinando dolci di ogni tipo. Oggi, non è più possibile. Certo, nessuno crede più a significati religiosi o magici – anche se le autorità cattoliche sono convinte del fatto che, il 31 ottobre, frotte di satanisti si riuniscano in tutto il mondo per parodiare e dissacrare i valori cristiani – ma il richiamo del consumo è fortissimo e sfuggirvi richiede davvero un grande sforzo.

Ora, non mentite. Lo so che anche per voi il 31 ottobre non è solo la vigilia di Ognissanti, ma un’occasione di festa e bagordi. Con qualche brivido che corre lungo la schiena, forse. Ma a buon mercato. Sì. A buon mercato.

Riferimenti bibliografici

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Belk, R. W., 1990, “Halloween: An Evolving American Consumption Ritual”, Advances in Consume Research, vol. 16, pp. 508-517.

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Bonato, L., Zola, L., 2020, Halloween. La festa delle zucche vuote, Franco Angeli Editore, Milano.

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Linton, R., 1951, “HALLOWEEN”, Scientific American, vol. 185, n. 4, pp. 62–67.

Linton, R., Linton, A., 1950, Halloween through Twenty Centuries, Schuman, New York.

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Markale, J., 2005, Halloween: storia e tradizioni, L’Età dell’Acquario, Torino.

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Schmidt, L. E., 1991, “The Commercialization of the Calendar: American Holidays and the Culture of Consumption, 1870–1930”, The Journal of American History, vol. 78, n. 3, pp. 887–916.

 

 

 

 

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