In un post precedente, avevo segnalato uno studio secondo cui il turpiloquio contribuisce a far percepire i politici come più autentici e vicini al popolo e, quindi, rende i loro discorsi più persuasivi di quelli dei politici tradizionali che sono avvertiti come più artificiosi e ingannevoli. Questa conclusione è sostanzialmente ribadita dall’articolo “Frankly, we do give a damn: The relationship between profanity and honesty” di Gilad Feldman, Huiwen Lian, Michal Kosinski, David Stillwell (2017), pubblicato su Social Psychological and Personality Science (vol. 8, n. 7, pp. 816-826).
Gli autori, ricorrendo a vari strumenti – una scala psicologica, una analisi linguistica su Facebook e indici aggregati di turpiloquio relativi a dati riguardanti gli Stati Uniti – segnalano che, nonostante, da un punto di vista morale, imprecazioni e disonestà siano spesso associati quali indici comportamentali negativi (in altre parole, chi impreca è spesso ritenuto probabilmente disonesto e viceversa), lo studio rivela una «costante relazione positiva tra turpiloquio e onestà; il turpiloquio è associato a un minore livello di menzogna e inganno a livello individuale, e a una maggiore integrità a livello sociale».
Gli autori spiegano che il loro studio evidenzia mere correlazioni e non forniscono spiegazioni del risultato. Una ragione del sorprendente esito della ricerca potrebbe essere, tuttavia, che chi dice parolacce e bestemmia è percepito come meno inibito e controllato, più autentico e sincero di chi non le dice e non bestemmia. L’onestà potrebbe allora essere funzione dell’ autenticità percepita, a sua volta connessa all’inclinazione a imprecare.
Potrebbe essere questa una delle ragioni del successo dei politici più inclini a strategie populiste. Gli elettori percepiscono le parolacce non più – cosa che accadeva un tempo – come indicatori di immoralità, incompetenza e diseducazione, ma come indici di autenticità e onestà. Se questo è vero, stiamo assistendo a un cambiamento radicale in grado di riorientare tutta la politica dei prossimi anni e che configura potenzialmente un meccanismo persuasivo altamente mistificante.
Nel futuro, basterà imprecare per essere eletti?