Un articolo di qualche giorno fa sul «Messaggero» informava che l’Fbi, la polizia italiana e le squadre mobili di Caserta, Roma, Palermo e Torino sono impegnate nella conduzione di una importante indagine finalizzata a smantellare la rete della mafia nigeriana in Italia, le cui attività principali riguardano lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di organi. Particolarmente cruda la descrizione di questa seconda attività:
La tratta che alimenta il traffico di organi resta un fenomeno tutto da esplorare. Non è possibile stabilire quante persone spariscono dai villaggi africani per mano della mafia nera. Inchieste non troppo datate, risalenti al 2010, hanno stabilito alcune delle cifre che muovono il business: un rene «costa» 12 milioni di naira, la moneta nigeriana, ovvero 60mila euro. A Lagos, più volte, la polizia ha trovato donne segregate e costrette a mettere al mondo figli poi destinati al traffico di bambini, al mercato del sesso o alla compravendita di organi. Il cuore della tratta è a Benin.
Notizie come questa fanno pensare a un commercio transnazionale che coinvolge centinaia, se non migliaia di persone, e che mutila e uccide impunemente i poveri del mondo a favore dei ricchi acquirenti occidentali di organi.
Non è una novità. In questo stesso mese, «Cronache della Campania» si è concentrata in particolare sulla situazione di Castel Volturno, in provincia di Caserta, dove
ci sarebbe una villetta che funziona come clinica e dove “c’è uno dei medici al servizio della mafia nigeriana. È una donna e si servono di lei anche per l’espianto di organi. C’è chi viene rapito e ucciso per gli organi, ma c’è anche chi si presta volontariamente”. Dalle indagini è emerso che gli organi finiscono in cliniche estere, anche in Turchia e nord Africa. Ma la donna sostiene che ci sono cliniche degli orrori anche a Grazzanise, Villa Literno, a Sant’Antimo e sul Litorale. E che a Castel Volturno ci sono le prove viventi del mercato nero di organi umani. “Conosco tre ragazzi che in cambio di 5mila euro si sono fatti espiantare un rene, ora vivono da queste parti. I medici si occupano anche di recuperare la droga da persone che ingeriscono ovuli e poi stanno male. Chi non ce la fa, viene ucciso e fatto a pezzi per recuperare la droga. Contano solo i soldi. I nigeriani sono businessman spietati”. Esiste anche un traffico di bambini destinato a coppie ricche sterili che non si fanno scrupolo a pagare. I piccoli spesso vengono immediatamente spediti all’estero.
Racconti come questo suscitano immediato orrore nel lettore che si domanda come tutto ciò sia umanamente possibile. L’orrore travolge emotivamente ogni senso critico al punto che si finisce con il dare per scontata la fondatezza di quanto riportato. In realtà, a ben guardare, le tesi di questi articoli sono relative a un fenomeno “tutto da esplorare”, i cui contenuti sono “serviti” al lettore con abbondanza di condizionali e di riferimenti vaghi contrabbandati per fatti. Delle fonti nemmeno l’ombra, se escludiamo allusioni generiche all’FBI e ad altre autorità.
Sulla necessità di mantenere lo spirito critico nei confronti di queste notizie, si è diffuso meritoriamente BUTAC, il sito dedicato “alla lotta contro: bufale, disinformazione, allarmismi gratuiti e frodi online!”, con vari post (questo, questo e questo, ad esempio).
BUTAC informa, fra l’altro, che trapiantare un organo non è cosa tanto semplice in quanto:
1) L’espianto di organi si può fare solo da donatore “vivente”: il cuore deve essere ancora battente.
2) L’organo espiantato deve essere tenuto in vita e trasportato rapidamente nel luogo dove avverrà il trapianto. Sono necessarie attrezzature, strumentazioni, personale adeguato (chirurghi e anestesisti) e sale operatorie (almeno due). Il ricevente deve essere già pronto per l’operazione..
3) È necessario fare esami che accertino la compatibilità tra donatore e donatario. Ci vuole tempo per ottenere i risultati, e strumentazione adeguata.
4) Oltre alle prove di compatibilità devono essere fatte anche tutte le prove per escludere che i migranti abbiano malattie quali HIV, HCV ecc., altrimenti il ricevente si ritrova un rene o un pezzo di fegato nuovi, ma ha ricevuto in regalo l’HIV.
Insomma, un trapianto è una operazione complicata, che non può essere improvvisata e che richiede competenza, mezzi e tanto altro.
A ciò bisogna aggiungere che il fenomeno dei “traffici di organi” compare nell’immaginario collettivo da tempi insospettabili. Come scrivo nel mio 101 falsi miti sulla criminalità
Racconti del genere sono presenti nella nostra cultura almeno dalla Rivoluzione francese, quando una voce sosteneva che i bambini venissero rapiti affinché il loro sangue fosse utilizzato per salvare una principessa straniera malata, ma è nella nostra epoca, e in particolare in Sud America, in India e in altri paesi dell’Asia e dell’Africa, che hanno avuto la maggiore (inquietante) popolarità. Queste voci terribili si sono ormai insediate nel senso comune mondiale che dà per scontato che siano vere. La realtà, però, è che sono completamente prive di fondamento. Come ha ammesso, ad esempio, Rafael Matesanz, direttore del centro nazionale trapianti spagnolo, nessuna indagine di polizia è mai riuscita ad acquisire prove di atrocità del genere. Un rapporto dell’Unicef del 2002, intitolato Traffico e vendita di bambini nell’Europa sud-orientale: il punto della situazione, conclude: «A proposito del traffico di bambini per gli organi, esistono alcune informazioni aneddotiche, ma nessuna confermata. Malgrado storie simili si ripetano sovente, nessuno è in grado di fornire fatti concreti che possano condurre all’identificazione delle persone coinvolte, o almeno a chiunque abbia informazioni di prima mano».
Perché si diffondono queste voci? Secondo l’antropologa americana Nancy Schepes-Hughes:
l’attuale generazione di dicerie è nata e si è diffusa negli anni ’80 nell’ambito di specifici contesti politici, seguendo la storia recente di regimi militari, stati di polizia, guerre civili e «guerre sporche», in cui rapimenti, scomparse mutilazioni e morti in prigione e in strane circostanze erano all’ordine del giorno.
È probabile che sia lo stesso contesto in cui nascono le attuali dicerie sui traffici di organi in Nigeria, Stato in cui conflitti, povertà e instabilità sociale sono all’ordine del giorno.
Ciò naturalmente non vuol dire che il commercio di organi non esista. Come afferma ancora Nancy Scheper-Hughes: «Il commercio degli organi è esteso, remunerativo, esplicitamente illegale in molti paesi». Solo, assume forme un po’ diverse da quelle raccontate dalle narrazioni di cui sopra.
Esso riguarda paesi come l’India, definita non a caso il “bazar dei reni”, la Turchia, l’Egitto, l’Iraq e vari paesi dell’Europa orientale, dove il traffico di organi umani si svolge tra persone danarose, provenienti dal ricco Occidente e bisognose di organi, e persone povere e disperate disposte a vendere i loro organi in cambio di pochi dollari. Questo “scambio” avviene di solito attraverso una fitta rete di individui che coinvolge polizia, addetti agli obitori, impiegati statali, funzionari governativi, autisti di ambulanza, medici, operatori del pronto soccorso, intermediari di vario tipo. Vere e proprie organizzazioni criminali le cui attività sono ormai note, anche se molto ancora rimane da scoprire. In alcuni casi, i potenziali venditori sono persuasi facendo leva sull’argomento della superfluità di alcuni organi («Si può vivere anche con un solo rene!») e su quello della rimuneratività dell’operazione («Risolverai di colpo tutti i tuoi problemi economici»). In altri, sono attirati con manovre subdole e violente, come accade in certi villaggi della Moldavia, dove ad alcune persone viene promesso un lavoro come imbianchino o operaio edile in Turchia e una volta là finiscono prede di un broker che li informa che se non venderanno un rene, non torneranno vivi in Moldavia.
Insomma, quella del traffico di organi non è una leggenda metropolitana. La mercificazione degli organi e il flusso di acquirenti che viaggia dal Nord al Sud del mondo per comperare organi sono una tragica realtà al di là di ogni dubbio. Bisogna, però, stare attenti ad assumere un atteggiamento critico nei confronti di questo tipo di notizie, soprattutto quando sono narrate in maniera sensazionalistica e non consentono di identificare la fonte. Il rischio è quello di aggiungere leggende alla realtà, con la conseguenza di rendere la realtà stessa meno credibile.