È di pochi giorni fa la notizia della morte di una suora agrigentina di 97 anni, suor Giuseppina, deceduta all’ospedale di Bassano del Grappa il 13 maggio. La notizia della morte della donna ha rapidamente fatto il giro di quotidiani cartacei e giornali telematici italiani in virtù di un particolare piuttosto curioso: sul suo braccio i medici hanno notato una discromia piuttosto vistosa nella quale consorelle e credenti hanno letto la parola “Maria”. Una discromia che sarebbe miracolosamente apparsa il giorno della morte. Così ha commentato il fatto «Il Gazzettino di Bassano-Vicenza»:
Suor Giuseppina era una grande devota della Madonna, in particolare quella di Fatima, che, tra l’altro, viene venerata proprio nel mese di maggio. E suor Giuseppina è mancata alle ore 15 del 13 maggio proprio nello stesso giorno e la stessa ora dell’apparizione della Madonna di Fatima avvenuta, per la prima volta, il 13 maggio del 1917. Solo coincidenza?
Questo episodio è un caso di pareidolia e di apofenia insieme. Pareidolia perché alcuni credenti hanno voluto leggere in una scritta tutt’altro che chiara il “chiaro” nome di Maria; apofenia perché si è voluto trovare un legame significativo tra due eventi di per sé indipendenti – la morte della suora e l’apparizione della Madonna di Fatima. È importante capire che questo episodio non avrebbe mai acquistato rilevanza se non in forza di un preciso sistema culturale e religioso che ha consentito questo tipo di lettura. In altre culture e in altre religioni, si sarebbe trattato di un fatto assolutamente indifferente. Ma i nostri filtri culturali agiscono in maniera imponente su ciò che ci accade intorno. Inducendoci anche a gridare al miracolo. Curiosamente, già qualche giorno dopo la morte della suora, i carabinieri, indagando il fatto, hanno appurato che la discromia non era affatto recente, ma esisteva già da tempo. Una breve indagine ha dunque fatto crollare immediatamente il castello di coincidenze fantastiche costruito dai credenti. Mai indagine fu più efficace. Anche se la madre superiora insiste: “Prima non c’era!”.