Che cosa è normale e che cosa è deviante? Tutti noi crediamo di saper rispondere a questa domanda. Probabilmente, non avremmo difficoltà a stilare un elenco di comportamenti ritenuti devianti e di comportamenti ritenuti normali. Ma i concetti di “normale” e “deviante” non sono sempre i medesimi. Epoche diverse danno un significato diverso allo stesso comportamento. A volte in modo sorprendente. Ad esempio, bere acqua puoi mai essere un comportamento deviante? A questa domanda risponderemmo tutti “no” senza esitare. In realtà, a leggere un brano di Aldous Huxley, contenuto nell’Appendice al suo I diavoli di Loudon, apprendiamo qualcosa di davvero stupefacente.
Circa il consumo di alcoolici nel passato non abbiamo conoscenze precise o statistiche. Nell’Europa occidentale, tra i celti e i teutoni, nel medioevo e al principio dell’era moderna, la quantità di alcool usata individualmente era probabilmente anche maggiore di quanto lo sia oggi. Nelle tante occasioni in cui noi beviamo tè, o caffè, o gassose, i nostri antenati si rinfrescavano con vino, birra, idromele e, nei secoli successivi, con gin, brandy e acquavite. Bere regolarmente acqua era una pena imposta ai malfattori, o accettata dai religiosi, nonché da qualche occasionale vegetariano, come gravissima mortificazione. Non bere alcolici era un’eccentricità abbastanza notevole tanto da suscitare commenti e l’attribuzione di soprannomi più o meno ingiuriosi. Da ciò patronimici come l’italiano Bevilacqua, il francese Boileau e l’inglese Drinkwater (Huxley, A., 1988, I diavoli di Loudon, Mondadori, Milano, Appendice, p. 313).
Un cognome abbastanza noto come Bevilacqua, dunque, fu, all’origine, uno stigma negativo associato a un comportamento oggi del tutto normale e, un tempo, considerato penalizzante. È incredibile la capacità di noi umani di assegnare significati anche opposti ai nostri comportamenti. A questo punto mi sorge spontanea una domanda: quale comportamento, oggi considerato normale, potrà essere considerato deviante tra qualche decennio?