Esiste una letteratura sterminata sulle tecniche di persuasione adoperate in ambito pubblicitario, politico e interpersonale. In ambito religioso, si parla molto di tecniche persuasive, anzi di “lavaggio del cervello”, a proposito delle strategie che culti e sette metterebbero in campo per acquisire e conservare adepti. Poco invece si parla delle tecniche adoperate dalla Chiesa cattolica per tenere i propri fedeli in linea e per indurre condizioni di trance, più o meno leggere, al fine di favorire il recepimento dei propri contenuti religiosi. È opportuno precisare che molte di queste tecniche non sono state consapevolmente e specificamente congegnate per sortire effetti di persuasione, ma producono comunque lo stesso conformismo sociale che ottengono messaggi pubblicitari e di comunicazione politica.
Una di queste tecniche è sicuramente il rosario. Il rosario è definito, nella omonima voce dedicatagli da Wikipedia, come “una preghiera devozionale e contemplativa tipica del rito latino della Chiesa cattolica”.
La preghiera consiste in cinque serie (chiamate “poste”) di dieci Ave Maria unite alla meditazione dei “misteri” (eventi, momenti o episodi significativi) della vita di Cristo e di Maria.
La versione integrale della meditazione prevede la contemplazione di tutti i quindici misteri e quindi la recita, tra l’altro, di centocinquanta Avemarie (coll’aggiunta facoltativa dei cinque “misteri luminosi” nel 2002 si contano venti “poste” per complessive duecento “Avemarie” […]). Il conto si tiene facendo scorrere tra le dita i grani della “corona”.
Secondo Alessandro Bausani (L’Islam, Garzanti, Milano, 2013, p. 24), il rosario deriva dal tasbīh islamico e fu importato in Occidente dopo le Crociate (il tasbīh è utilizzato dai musulmani per pronunciare i “99 nomi più belli di Dio”, ma spesso viene usato come passatempo tra le mani).
Il rosario è innanzitutto un dispositivo per occupare il tempo del credente. Nella misura in cui il credente recita il rosario non può dire o pensare altro, non può manifestare comportamenti o pensieri critici. Esso serve una funzione di conformità e assuefazione all’assetto sociale esistente. Il rosario “fa” l’uomo cattolico normale. Data questa premessa, il rosario assolve una serie di funzioni psico-sociali.
La caratteristica psico-sociale principale del rosario è sicuramente la ripetizione costante e intenzionale dell’Avemaria e di altre formule fisse (“Padre Nostro”, “Gloria al Padre”) alternate alla riflessione sui cosiddetti Misteri. Questa sua caratteristica genera tre importanti conseguenze psicologiche che producono, in ultima analisi, dei potenti effetti persuasivi, ormai riconosciuti dalla letteratura sull’argomento, anche se solitamente non sono mai poste in relazione all’espressione delle credenze cattoliche.
Il primo effetto psicologico si chiama saturazione semantica, ed è il fenomeno per cui la ripetizione continua di una parola o di un’espressione verbale ne provoca la riduzione o perdita del significato. A tutti noi è capitato, anche per scherzo, di ripetere all’infinito una parola e frase e di sperimentare l’improvvisa mancanza di senso del termine o espressione dopo un certo numero di ripetizioni. Lo stesso avviene durante la recita del rosario. Le preghiere, ripetute decine e decine di volte, finiscono con il perdere ogni senso e con l’indurre una strana sensazione di vuoto che annulla ogni pensiero critico. Ma ciò non è tutto.
Il secondo effetto psicologico da chiamare in causa è il cosiddetto effetto ripetizione, che si ha attraverso la ripetizione costante dello stesso messaggio, di solito formulato in maniera semplice. La ripetizione di un messaggio aumenta la probabilità che un individuo vi sia esposto e vi presti attenzione e che, quindi, lo comprenda. Inoltre, concorre alla sua conservazione in memoria: a tutti, infatti, è noto il potere che ha un motivetto musicale di “impossessarsi” tenacemente della mente di un individuo, una volta ripetuto all’infinito. Secondo diverse ricerche, la semplice esposizione ripetuta a uno stesso messaggio è una condizione sufficiente per accrescerne la ricezione favorevole. Dal regime nazista alle democrazie contemporanee, l’effetto ripetizione rappresenta una delle strategie propagandistiche maggiormente in uso per la sua comprovata efficacia persuasiva e per la semplicità di attuazione. L’effetto è particolarmente presente nelle comunità religiose dove l’incessante ripetizione di inni e preghiere contribuisce alla creazione di uno stato di trance funzionale a scopi di conversione religiosa o di mantenimento delle credenze. Il rosario rientra a pieno titolo tra le tecniche che sfruttano l’effetto ripetizione con il risultato che il contenuto di quanto viene ripetuto si imprime nella memoria, diventa più accettabile e acquista familiarità.
E qui veniamo al terzo meccanismo psicologico, l’effetto familiarità. Secondo questo principio i concetti, le cose e le persone familiari tendono ad essere apprezzati più di concetti, cose e persone estranei. La familiarità produce immediatamente simpatia e innesca sensazioni positive, sebbene, per lo più, inconsapevoli. A riprova della validità del principio, una ricerca citata dal famoso psicologo americano Robert Cialdini rivela che gli elettori spesso scelgono un candidato per il semplice fatto che il suo nome è conosciuto. I politici sfruttano consapevolmente questo meccanismo facendo circolare diffusamente il proprio nome e la propria immagine durante la campagna elettorale. L’effetto familiarità viene innescato anche nel caso della recitazione del rosario: il fatto di reiterare determinate parole fa sì che esse, al di là del loro significato, entrino a far parte del bagaglio di conoscenze consuete degli individui, acquisendo una connotazione positiva che rende estremamente difficile liberarsi criticamente del contenuto ripetuto, soprattutto se la ripetizione incessante inizia nell’infanzia.
In sintesi, in virtù dei principi della saturazione semantica, dell’effetto ripetizione e dell’effetto familiarità, la recitazione del rosario svuota di senso ciò che viene recitato, il contenuto delle preghiere ripetute si imprime nella memoria, diviene accettabile, familiare, “tradizionale” con la conseguenza finale che esso è scarsamente criticabile e viene dato per scontato, inducendo, al tempo stesso, una condizione di trance ipnotica che, a sua volta, agisce contro il senso critico. Se a ciò aggiungiamo che gli stessi effetti sono corroborati dalle altre esperienze di cui si compone la vita cattolica (la messa in cui si è abituati a ripetere meccanicamente formule fisse senza che si sia invitati a ragionare criticamente; il catechismo che impone risposte precostituite e dogmatiche ecc.) è facile capire come la Chiesa cattolica, attraverso questo imponente apparato persuasivo, induca facilmente sottomissione, abdicazione all’uso della ragione, obbedienza irriflessa e genuflessione intellettuale.
Ma di tutto questo gli psicologi e i sociologi dicono poco. Troppo poco.