Se considerate da un punto di vista storico e sociologico, le parole destano spaesamento, sorpresa, meraviglia. La storia e la sociologia hanno, infatti, la capacità di scalzare le nostre convinzioni più profonde e mettere in discussione termini e modi di dire che diamo per scontati e su cui, di conseguenza, non riflettiamo più di tanto.
Pensiamo al mondo della contabilità. Parole come “ragioniere” e “commercialista” sono oggi diffusissime e nessuno solleverebbe le sopracciglia sentendo definire un contabile “ragioniere”. Un tempo, però, non era così, come testimonia un brano, quasi incidentale, tratto da I Beati Paoli di Luigi Natoli, pubblicato tra il 1909 e il 1910. Nel brano si parla di uno dei protagonisti, don Girolamo Ammirata, il quale lavorava presso l’amministrazione di un ospedale dove «prestava l’opera sua di razionale, ossia, come si direbbe ora, con un neologismo non giustificato da nessuna necessità, ragioniere» (Luigi Natoli, 2016, I Beati Paoli, Sellerio, Palermo, vol. I, cap. 9, p. 192). C’è stato, dunque, un tempo in cui la parola “ragioniere” non solo era considerata un neologismo, ma era ritenuta addirittura un termine introdotto senza alcuna necessità. “Che strano!”, potremmo commentare.
Passiamo ora alla sociologia. Anzi, alla sociologia delle lingue. Giuseppe Antonelli, in Una vita tra le parole (Corriere della Sera, Milano, p. 41) osserva:
In tedesco il sole è femminile (die Sonne) e la luna maschile (der Mond). Il contrario di quanto accade non solo in italiano ma anche in greco, in latino e in tutte le lingue romanze. Una differenza in grado di capovolgere l’immaginario, polarizzando in maniera opposta tutta una costellazione di metafore. Niente più sol leone, niente più luna sposa. Fratello luna e sorella sole. Rispetto alla nostra visione, quasi un cielo alla rovescia. E quasi un mondo alla rovescia potrebbe sembrare quello del lituano, in cui l’acqua è maschile e il fuoco femminile.
È straordinario come l’inversione del genere di due parole possa modificare radicalmente il modo in cui vediamo il mondo, il cielo, le stelle. Anche in questo caso, potremmo commentare: «Che strano!». Ma la stranezza sta solo nel nostro dare per scontato il mondo e non aprirlo alle ricchezze che ci consegnano la storia e la sociologia.