Possiamo fidarci delle persone intorno a noi? La nostra società individualistica e postdemocratica si regge ancora sulla fiducia o questa si è erosa a tal punto da essere diventata merce rara?
Da più parti si levano lamenti inconsolabili sulla scomparsa della fiducia nella contemporaneità. Al giorno d’oggi – sostengono alcuni – non possiamo più avere fiducia nel vicino di casa (“non ci sono più i vicini di un tempo”), nel coniuge (sempre pronto a tradirci al minimo attrito), nel collega di lavoro (sempre pronto a farci le scarpe), negli amministratori pubblici (che si fanno eleggere per il proprio tornaconto personale), nelle forze dell’ordine (che non ci sono mai quando ne abbiamo bisogno) e nello Stato (disponibile solo a imporre nuovi balzelli). Insomma, la sfiducia regnerebbe sovrana, come mai prima d’ora.
Eppure, da un punto di vista sociologico, sembra che le cose non stiano in questi termini e che, anzi, la fiducia sia quotidianamente e costantemente praticata da tutti noi. Essa rappresenta una risorsa talmente radicata nella vita contemporanea che spesso la diamo per scontata, anche se conferisce struttura e ordine a ogni nostra azione.
Pensiamoci. Quando lasciamo i nostri figli a scuola, lo facciamo nel presupposto fiduciario che essi saranno accuditi e istruiti e che i loro insegnanti non si riveleranno dei mostri in cerca di giovani vite da sacrificare a una divinità assetata di sangue. Quando guidiamo, lo facciamo nel presupposto fiduciario che gli altri non invaderanno la nostra corsia, si fermeranno al rosso del semaforo e parcheggeranno solo in spazi predefiniti. Al tempo stesso, quando attraversiamo la strada sulle strisce pedonali siamo fiduciosi che gli automobilisti non ci investiranno e ci permetteranno di procedere in tranquillità. Quando acquistiamo un prodotto con la nostra carta di credito, lo facciamo nel presupposto fiduciario che il negoziante non ne approfitterà per truffarci, addebitandoci, ad esempio, una cifra superiore al dovuto. Quando depositiamo i nostri soldi in banca, lo facciamo nel presupposto fiduciario che bancari e banchieri non porteranno via i nostri risparmi per finanziare costose vacanze in luoghi esotici. Gli esempi potrebbero continuare.
La nostra società si fonda su una sottile, ma solida, struttura reticolare di rapporti fiduciari che costituisce l’essenza stessa della società contemporanea e che pure diamo per scontata. Si può dire, anzi, che nessuna società, prima della nostra, si sia fondata su un numero così alto di relazioni basate sulla fiducia e che, se la risorsa fiducia venisse improvvisamente a mancare, le nostre comunità crollerebbero rovinosamente.
La fiducia è, infatti, il collante che crea legami tra le persone, genera collaborazione e produce solidarietà. Ciò è talmente vero che se essa viene a mancare in una qualsiasi delle situazioni prima descritte, ci sentiamo traditi, violati, abusati. Non a caso molti reati si basano proprio sulla profanazione di quell’ordine fiduciario, sottile e invisibile, che informa le nostre esistenze. Gli inglesi, al riguardo, hanno coniato l’espressione “con man” (con sta per confidence, ossia fiducia) per designare il truffatore che mette a segno i suoi colpi, approfittando della fiducia altrui.
Nella nostra società, la fiducia è una risorsa importante anche perché informa di sé le miriadi di rapporti di dipendenza (amicale, sentimentale, lavorativa, informale) che strutturano la nostra vita. Noi dipendiamo da tante persone e tante persone dipendono da noi. Se questi rapporti di dipendenza non fossero lubrificati dalla fiducia, sarebbe impossibile vivere.
Naturalmente, questo non significa che viviamo nel migliore dei mondi possibili e che possiamo fidarci di tutti indistintamente e ingenuamente. Significa semplicemente che la fiducia svolge un ruolo sociale molto più rilevante di quanto sospettiamo e che compromettere tale ruolo può minare l’ordine sociale in maniera catastrofica.