Sociologia del caffè

Esiste una sociologia del caffè? Una distribuzione sociale del gusto per questa particolare bevanda? D’istinto potremmo rispondere negativamente. Oggi tutti bevono caffè. Ricchi e poveri, occidentali e orientali, americani ed europei.

Eppure, racconta lo storico e sociologo Wolfgang Schivelbusch, è esistita un’epoca in cui il caffè ha contraddistinto la borghesia in opposizione all’aristocrazia, maggiormente incline al cioccolato. In particolare, è esistita un’epoca in cui il caffè ha incarnato lo spirito razionalistico e pragmatico dei tempi moderni, in cui la sua essenza stava alla sete come Diderot e Voltaire stavano alle idee.

Scrive Schivelbusch:

Il borghese […] è un lavoratore sempre più di concetto; il suo posto di lavoro è l’ufficio, la sua posizione usuale è quella dello stare seduto. L’ideale che egli si propone è quello di funzionare con la costanza e la regolarità d’un orologio (si ricordi in proposito il modo di vivere di Kant).

È dunque evidente come questo nuovo modo di vivere e di lavorare influenzi tutto l’organismo; su tutto questo, il caffè agisce come droga d’importanza storica. Impregnando il corpo esso provoca, dal punto di vista chimico-farmacologico, ciò che il razionalismo e l’etica protestante ottengono dal punto di vista ideologico-spirituale. Attraverso il caffè il principio razionalistico trova l’accesso alla fisiologia dell’uomo e lo configura in modo corrispondente alle proprie necessità. Il risultato che ne consegue è un corpo che funziona secondo le nuove esigenze, un corpo razionalistico, borghese-progressista (Wolfgang Schivelbusch, 2000, Storia dei generi voluttuari. Spezie, caffè, cioccolato, tabacco, alcol e altre droghe, Bruno Mondadori, Milano, pp. 44-46).

A pensarci bene, ancora oggi il caffè contribuisce a plasmare il corpo in maniera razionalistica ed efficientistica: il caffè ridesta lo spirito, ravviva i sensi, rende funzionante e funzionale il lavoratore della società dei servizi, sempre più addicted a occupazioni impietose e cronofagocitanti.

Il caffè è oggi la droga voluttuaria più democratica che esista. La assumono tutti – borghesi e aristocratici – perché tutti sono chiamati a conformarsi ai ritmi di una società turbocapitalistica che va sempre più di fretta e ha bisogno di stimolanti che sorreggano l’attività di coloro che ne permettono il funzionamento.

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