In esergo alla prima pagina del suo Il Vangelo secondo la Scienza. Le religioni alla prova del nove, il noto filosofo Piergiorgio Odifreddi cita la seguente frase di Agostino d’Ippona:
Il buon cristiano dovrebbe stare attento ai matematici e a tutti i falsi profeti. C’è il pericolo che i matematici abbiano stretto un patto col diavolo per annebbiare lo spirito, e mandare l’uomo all’inferno.
Il brano è la traduzione di un testo latino contenuto nell’opera De Genesi ad litteram che recita testualmente:
Quapropter bono christiano, sive mathematici, sive quilibet impie divinantium, maxime dicentes vera, cavendi sunt, ne consortio daemoniorum animam deceptam, pacto quodam societatis irretiant (II, 17, 37).
Nel corso dei secoli, il brano è stato interpretato come segno dell’avversione di Sant’Agostino, e di tutta la Chiesa cattolica, nei confronti della matematica e, per estensione, delle scienze esatte. Un’avversione riconducibile alla minaccia che le scienze esatte rappresenterebbero per la visione religiosa del mondo, ma anche la prova, per alcuni, del fatto che la religione tenderebbe a promuovere rigorosamente l’ignoranza dei popoli per favorirne l’assoggettamento ai propri dogmi. In effetti, una lettura superficiale della citazione agostiniana nella prima pagina del libro di Odifreddi, dedicato peraltro a esaminare criticamente le affermazioni delle religioni, sembrerebbe autorizzare proprio questa interpretazione.
Ma come stanno le cose? Sant’Agostino è davvero ostile alla matematica e alle scienze esatte?
Parrebbe di no, stando a quanto risulta da una considerazione attenta del passo agostiniano.
Il matematico Giorgio Bagni, ad esempio, osserva:
Prima di concludere affermando senz’altro una sorta di odio radicale per i matematici da parte del Vescovo di Ippona, è opportuno chiedersi: che cosa significava il termine “matematico” tra il IV e il V secolo, soprattutto considerando che lo stesso testo originale affianca i “mathematici” a “quilibet impie divinantium, maxime dicentes vera”? Ci aiuta a rispondere un testo la cui redazione si può collocare pressoché contemporaneamente alla vita di S. Agostino (354–430). L’Historia Augusta, tradizionalmente attribuita a sei autori vissuti tra il III e IV secolo, Elio Sparziano, Giulio Capitolino, Vulcacio Gallicano, Elio Lampridio, Trebellio Pollione, Flavio Volpisco, ma secondo valutazioni storiche più attendibili opera d’epoca più tarda (forse IV o addirittura V secolo). Un passo di tale opera è interessante: «Nemo Cristianorum presbyter non mathematicus, non haruspex, non aliptes». I sacerdoti cristiani venivano dunque accusati di essere indovini e… matematici! Già questa “accusa” appare strana: le testimonianze storiche antiche non menzionano alcun esame di aritmetica o di geometria da superare per essere ammessi al sacerdozio. Ma una testimonianza ulteriore ci viene ancora da S. Agostino. In De diversis quaestionibus octoginta tribus (45.2, paragrafo dal titolo significativo: Contro i matematici) si trova il seguente vivace passo: «Ma contro coloro che oggi si chiamano matematici, che pretendono di sottomettere le nostre azioni ai corpi celesti, di venderci alle stelle e di riscuotere da noi il prezzo stesso col quale siamo venduti, non si può dire nulla più esattamente e brevemente di questo: non rispondono se non dopo aver consultato le costellazioni». Inoltre, in De Doctrina Christiana (II, 21, 32; ancora una volta il titolo riportato è indicativo: Le scempiaggini dei genetliaci o matematici) leggiamo: «Né si debbono distinguere da questo genere di perniciosa superstizione quelli che vanno sotto il nome di genetliaci, a motivo delle considerazioni fatte in base al giorno del compleanno e che ora la gente chiama astrologi». I «vagabondi che chiamano matematici» (in un’altra sferzante citazione tratta dalle Confessioni, IV, 4), quei matematici che stringono “un patto col diavolo” per “mandare l’uomo all’inferno”, dunque, non sono i cultori della disciplina di Euclide, bensì gli astrologi, gli indovini.
Si tratta, dunque, di un banale errore di traduzione, le cui conseguenze sono state devastanti per la Chiesa, autorizzando una interpretazione oscurantista dei suoi orientamenti e scopi.
Che le cose stiano così, è facile capirlo anche da altre considerazioni. Lo stesso Bagni nota come, da più passi delle opere di Agostino, sia ricavabile un atteggiamento positivo, se non lusinghiero, del Vescovo di Ippona nei confronti della matematica. Ad esempio, in Contra Academicos, Agostino afferma, contro gli scettici, che non è vero che non esistono verità certe e che quelle enunciate dalla matematica e dalla geometria sono tali. Nel De Doctrina Christiana (II, 38), invece, la “scienza dei numeri” è indicata come la scienza delle “regole immutabili” e guardata con indubbio favore. Altrove, infine, Agostino dimostra di avere quasi una venerazione per alcuni numeri, come il 6.
Insomma, Agostino, sebbene un religioso, non disprezzava la matematica e i mathematici a cui faceva riferimento erano maghi e astrologhi. Il che ci ricorda che ogni volta che traduciamo un brano dobbiamo prestare molta attenzione al tempo e al contesto in cui esso è stato scritto.
Mi pare che nel brano originale si usi propriop matematici “Quapropter bono christiano, sive mathematici…”
Al tempo esisteva già il vocabolario (magari non stampato) per distinguere significati ben diversi, ma anche se così fose stato il Santissimo Agostino si sarebbe prodigato di spiegare bene onde evitare equivoci.
La chiesa odiava la matematica (pià di fattucchieri e astrologi) perchè prefessa una pericolosa idea di verità che ha il vizio di essere poco consona alle verità biblica, che è una visione cosmoplogica della realtà, perlomenno c’è questo rischio potenziale, l’esempio di Ipazia e dell’incendio della Biblioteca di Babilonia è pienamente rappresentativo, nonchè dell’epurazione culturale seguita all’avvento del cristianesimo (parlo della cultura Greca).
Poi i matematici sono assimilati a fattucchieri, indovini, lchimisti, ovvio, anch Newoton er aun mago, Galileo un astrologo, non esisteva la scienza così come la intendiamo oggi, si cerca di scoprire e capire la relatà, dei segreti, spesso in modo mistico, con suggestioni affabulanti, o addirittura richiamandovi a entità spirituali (buone, cattive, pagane), per tranrne profitto, per ottenere prodigi ecc. Tutto ciò costutuiva il pretesto demonizzante il cui vero motivo era il non permettere ciò che è anomalo alla visione della chiesa, specie dopo Agostino.
Ahh, anche ai tempi di Gesù (e si sui fratelli e sorelle) esistevano termini del tipo “fratello/sorella” e “cugino/a”, con i noti diversi sognificati.