Romelu Lukaku e il razzismo

Ha fatto discutere di recente il contenuto della lettera che la Curva Nord dell’Inter ha indirizzato al proprio calciatore Romelu Lukaku, bersagliato da alcuni cori razzisti in occasione del rigore calciato in Cagliari-Inter, giocata il 01/09/2019. In sostanza, i tifosi dell’Inter hanno voluto “informare” il giocatore belga che gli italiani non sono razzisti e che quanto accaduto durante la partita non è ascrivibile a razzismo, ma a una tattica per “aiutare la squadra” tifando contro.  I “buu” di scherno servirebbero, dunque, a indurre l’avversario in errore, non a esprimere disapprovazione nei confronti della sua razza. Ecco il testo completo del comunicato:

Ciao Romelu,

Ti scriviamo a nome della Curva Nord, si i ragazzi che ti han dato il benvenuto appena arrivato a Milano.

Ci spiace molto che tu abbia pensato che quanto accaduto a Cagliari sia stato razzismo.

Devi capire che l’Italia non è come molti altri paesi europei dove il razzismo è un VERO problema.

Capiamo che ciò è quello che possa esserti sembrato ma non è così.

In Italia usiamo certi “modi” solo per “aiutare la squadra” e cercare di rendere nervosi gli avversari non per razzismo ma per farli sbagliare.

Noi siamo una tifoseria multietnica ed abbiamo sempre accolto i giocatori provenienti da ogni dove sebbene anche noi abbiamo usato certi modi contro i giocatori avversari in passato e probabilmente lo faremo in futuro.

Non siamo razzisti allo stesso modo in cui non lo sono i tifosi del Cagliari.

Devi capire che in tutti gli stadi italiani la gente tifa per le proprie squadre ma allo stesso tempo la gente è abituata a tifare contro gli avversari non per razzismo ma per “aiutare le proprie squadre”.

Ti preghiamo di vivere questo atteggiamento dei tifosi italiani come una forma di rispetto per il fatto che temono i gol che potresti fargli non perché ti odiano o son razzisti.

Il razzismo è una cosa completamente differente e tutti i tifosi italiani lo sanno bene.

Quando dichiari che il razzismo è un problema che va combattuto in Italia, non fai altro che incentivare la repressione di tutti i tifosi inclusi i tuoi e contribuisci a sollevare un problema che qui non c’è o quantomeno non viene percepito come in altri stati.

Noi siamo molto sensibili ed inclusivi con tutti. Possiamo garantirti che tra noi ci sono frequentatori di diverse razze e provenienze che condividono questo modo di provocare i giocatori avversari dell’Inter persino quando questi ultimi sono della loro stessa razza o provenienza geografica.

Ti preghiamo di aiutare a chiarire quello che realmente è il razzismo e che i tifosi italiani non sono razzisti.

La lotta al VERO razzismo deve cominciare nelle scuole non negli stadi, i tifosi son solo tifosi e agiscono in modo differente allo stadio e nella vita reale.

Stai certo che quello che dicono o fanno a un giocatore di colore avversario non è quello che direbbero o farebbero nella vita reale.

I tifosi italiani non saranno perfetti ma sebbene comprendiamo la frustrazione che ti possono creare certe espressioni, queste non sono utilizzate a fini discriminatori.

Ancora una volta …

BENVENUTO ROMELU”

(L’Urlo della Nord)

Vorrei esprimere qualche opinione a proposito di questo testo. Penso che i tifosi dell’Inter sbaglino quando dicono che in Italia non c’è razzismo a differenza di altri paesi. Il razzismo – inteso come atteggiamento di disapprovazione e inferiorizzazione dell’altro su base razziale – è certamente presente sul nostro territorio (e nei nostri stadi), come testimoniano le centinaia di episodi in cui persone colpevoli solo di avere un determinato colore della pelle o di provenire da determinati paesi sono state oggetto di discriminazione, esclusione, biasimo, colpevolizzazione solo ed esclusivamente per questo motivo.

D’altra parte, credo altrettanto sinceramente che alcuni episodi di “razzismo” possano essere ascritti a dinamiche psico-sociali più complesse. Per i tifosi, ogni confronto calcistico si basa su una opposizione tra “amici” (quelli che tifano per la propria squadra) e “nemici” (quelli che tifano per l’altra squadra) e, affinché il nemico calcistico esista, non vi è bisogno che esso sia “moralmente cattivo o esteticamente brutto. Egli è semplicemente il tifoso dell’altra squadra e ogni conflitto con lui non può essere deciso né attraverso un sistema di norme prestabilite” – le regole del calcio –  “né mediante l’intervento di un terzo “disimpegnato” e perciò “imparziale” – l’arbitro.

Questa suddivisione del mondo dei tifosi in amici e nemici, come faceva notare Alessandro Dal Lago circa trenta anni or sono, fa sì che ogni partita di calcio diventi l’occasione di un confronto rituale amici/nemici e che, per i tifosi organizzati, lo stadio sia soprattutto la cornice della celebrazione rituale della metafora amico/nemico. La suddivisione del mondo in amici e nemici produce, però, anche interessanti conseguenze psicosociali. I tifosi saranno infatti benevoli e indulgenti nei confronti di chi condivide la propria fede (gli amici); ostili, diffidenti e intolleranti nei confronti dei rivali (i nemici). Le virtù degli amici saranno esaltate e magnificate; i vizi dei nemici ritenuti irredimibili. Le azioni degli amici, per quanto scorrette, godranno di mille attenuanti; quelle dei nemici saranno sempre giudicate in modo severo e impietoso. Gli amici saranno onesti, sinceri, immacolati; i nemici scorretti, inaffidabili, sempre sospettabili in linea di principio. 

Data questa cornice, i tifosi tenderanno ad adoperare qualsiasi mezzo retorico e verbale per “colpire” il nemico. Il repertorio a cui è possibile attingere contiene formule di ogni tipo e la massima di riferimento è “tutto vale”. In questi casi, sarebbe superficiale liquidare questi comportamenti riconducendoli a mera maleducazione, delinquenza, razzismo o sessismo. Essi infatti trovano la loro ragion d’essere nella volontà spasmodica di ferire l’altro, che rimanda a sua volta alla opposizione amico-nemico. È così che si spiega l’atteggiamento apparentemente schizofrenico del tifoso che subissa di grida il calciatore “negro” della squadra avversaria, ma adora come una divinità il “nero” della propria squadra. Del resto, affinché si possa parlare di razzismo, è necessario tenere a mente che il razzismo è un atteggiamento sistematico e universale: se io penso che i neri siano inferiori ai bianchi e che non debbano avere gli stessi diritti dei bianchi, lo penserò di TUTTI i neri e SEMPRE, non solo di alcuni in alcuni momenti.

I tifosi dell’Inter potrebbero, dunque, avere in parte ragione. Anche se – voglio ribadirlo – ciò non significa che in Italia e nel calcio italiano non esista razzismo.

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