Quello delle reliquie è uno degli argomenti al tempo stesso più affascinanti e controversi della storia delle religioni. L’idea che un oggetto, spesso banalissimo, per il solo fatto di essere appartenuto, di essere stato indossato o toccato da una persona ritenuta santa o di origine divina, sia considerato “speciale” o addirittura in possesso di doti taumaturgiche, sfida ogni razionalità, ma, da sempre, incontra il favore dei devoti di tutto il mondo. Anche oggi, nonostante viviamo in una società secolarizzata. Del resto, non c’è bisogno di scomodare le divinità per comprendere il funzionamento psicosociale delle reliquie. Perfino in ambiti estranei alla religione, è possibile riscontrare fenomeni simili. Si pensi agli oggetti appartenuti ad attori, star dello sport, politici, personalità carismatiche, che, per questo solo fatto, sono venduti per migliaia di euro in tutto il mondo in quanto, evidentemente, ritenuti in possesso di qualche dote speciale. È come se, per contagio, comunicassero all’acquirente virtù straordinarie, secondo la medesima logica con cui a un dente o a un lembo di mantello appartenuti a un “santo” sono attribuite qualità miracolose; qualità che storicamente hanno spesso spinto i fedeli ad accaparrarsi il “bottino” a rischio della propria stessa vita.
Peraltro, una delle questioni centrali per chi ha interesse per le reliquie è quella della loro autenticità. Il riformatore ginevrino Giovanni Calvino ridicolizzava il culto delle false reliquie da parte del popolo credulone, condannandolo come forma di idolatria, particolarmente diffuso tra i cattolici (che definiva “papisti”). Soprattutto, criticava l’inverosimile moltiplicazione dei vari mantelli che avrebbero avvolto Gesù e la presenza dilagante di legni “forestali” tratti dalla sua croce, acqua e sangue scaturiti a litri dal suo costato ferito, numerosissimi sudari posti sulla sua testa e così via.
Una delle reliquie maggiormente bersagliate da Calvino fu il cosiddetto prepuzio di Cristo. Il numero di prepuzi in giro per l’Europa al suo tempo era enorme e la vicenda di questo lembo di pelle sottratto alla figura più rappresentativa del Cristianesimo in seguito a una rituale circoncisione (ricordiamolo: Gesù era ebreo), sarebbe interessante, se non fosse grottesca.
Esso, come ricorda l’antropologo Tonino Ceravolo, risultava essere contemporaneamente o in tempi diversi a «Aachen (Aquisgrana), Alsace, Antwerp (Anversa), Auvergne, Avit, Besancon, Boulogne, Bologna, Brugge, Calcata, Chàlons-sur-Marne, Charroux (Carosium), Chartres, Clermont, Compiègne, Compostela, Conques, Coulombs, Fécamp, Hildesheim, Langres, Languedoc, San Giovanni in Laterano a Roma, Le Puy, Metz, Nancy, Parigi, Reading, San Cipriano, Tolosa, Trier e Valladolid», anche se occorre evidenziare come tale elenco sconti parzialità e diversi possibili fraintendimenti. Ad esempio,
Alsace e Languedoc indicano due regioni geografiche e non dei luoghi specifici; Coulombs e Chartres potrebbero riferirsi a una medesima località visto che la prima denominazione rinvia a un’abbazia nel territorio diocesano della seconda, mentre San Cipriano potrebbe essere un doppione di Calcata, se è vero che proprio ai santi Cornelio e Cipriano è intitolata la chiesa di Calcata nella quale uno dei prepuzi di Cristo venne custodito sino a tempi recenti. La presenza di Chàlons-sur-Marne, d’altronde, potrebbe essere il frutto di un equivoco e di uno scambio tra il prepuzio e l’ombelico di Gesù.
A proposito di equivoci, uno di questi, segnalato dall’editore e folklorista Pierre Saintyves (1870-1935), sembra dovuto a una confusione linguistica degna di essere riferita.
Come riassume Ceravolo, un
possibile equivoco è stato segnalato a proposito del prepuzio di Charroux, il quale è vero che sembrerebbe all’origine del toponimo (Charroux deriverebbe da caro rubra ossia chair rouge, “carne rossa” come, appunto, quella del prepuzio), ma, nonostante la “conferma” papale di Clemente VII, che concesse l’indulgenza a quanti assistevano alla sua ostensione, la segnalazione della presenza della reliquia potrebbe scaturire dalla confusione linguistica tra praeputium e praesepium, tra il prepuzio e la culla in cui Gesù nacque.
Secondo una nota versione, il prepuzio di Cristo sarebbe stato consegnato da un angelo a Carlo Magno, il quale lo avrebbe portato ad Aquisgrana, da dove Carlo il Calvo lo avrebbe trasferito a Charroux nella Chiesa del Salvatore. Forse, è vero. Forse, no. Sta di fatto che il cambiamento di qualche vocale e di qualche consonante potrebbe aver creato una reliquia dal nulla. O trasformata una reliquia in un’altra. Non sapremo mai che cosa sia accaduto, né se ci sia mai stato un prepuzio di Gesù. Ma – si sa – per chi crede, basta, appunto, credere. È così che un oggetto diventa speciale. Anzi, sacro.
Fonte:
Ceravolo, T., 2015, Il prepuzio di Cristo. Storie di reliquie nell’Europa cristiana, Rubettino, Soveria Mannelli, pp. 66-68.