La criminologia, in quanto disciplina teoretica, tende a spiegare il crimine in base a modelli di più o meno vasto respiro. In questi modelli non rientrano piccoli dettagli imprevedibili che però decidono in ultima analisi della vita o della morte di un individuo. Consideriamo le seguenti micro-storie.
Il noto serial killer sovietico Andrej Romanovic Chikatilo, attivo negli anni Ottanta, la fece franca per lungo tempo in virtù di una serie incredibile di circostanze. Il suo sperma apparteneva ad un gruppo (AB) non corrispondente al sangue (A). La stampa sovietica non pubblicava notizie di uccisioni, stupri e altre illegalità e la popolazione non era “allertata” a pensare che in giro potessero circolare serial killer. Non era presente un clima sicuritario come in Occidente dove stampa e televisione rendono pubblico ogni avvenimento. Le forze dell’ordine e della sicurezza non erano coordinate né a livello locale né nazionale e non esisteva una cultura del serial killer che potesse fornire un frame concettuale a quanto stava accadendo. Nonostante Chikatilo fosse stato più volte sorpreso nell’atto di molestare bambini e ragazzi non fu mai denunciato: le scuole dove lavorava preferivano mandarlo via per non perdere la propria reputazione. Il lavoro che svolse successivamente lo portava a muoversi da un posto all’altro così che, solo molto dopo gli omicidi, si riuscirono a collegare tra loro eventi dispersi nel tempo. Inoltre, la maggior parte delle sue vittime erano marginali; persone a cui nessuno badava e che non erano a cuore a nessuno. Queste persone erano a volte attirate semplicemente con la promessa di un pasto e di qualcosa da bere. Nemmeno la tipologia delle vittime era unitaria: Chikatilo poteva colpire sia bambini, sia ragazzi sia adulti, anche se non colpì mai degli adulti maschi. Si può tranquillamente dire che Chikatilo è un killer sovietico, nel senso che la sua prolificità ha a che vedere con la struttura della società sovietica antecedente il 1989. In Occidente, dato il suo modus operandi, sarebbe stato scoperto immediatamente.
Mario Frigerio, unico sopravvissuto della strage di Erba del dicembre 2006, si salvò in virtù di una malformazione dell’arteria carotide che passava a destra del collo anziché a sinistra.
Il terrorista Prospero Gallinari rimase ferito dai carabinieri il 24 settembre 1979 mentre tentava di cambiare le targhe di alcune auto. Fu colpito alla testa, ma si salvò da una lesione senza possibilità di recupero perché, essendo mancino, aveva le parti del cervello invertite.
Probabilmente queste tre storie avrebbero avuto un decorso diverso se piccoli elementi protettivi non fossero intervenuti a difesa dei protagonisti. Chikatilo sarebbe stato immediatamente arrestato e non sarebbe divenuto il più grande serial killer sovietico. La morte di Mario Frigerio non avrebbe consentito all’unico testimone della vicenda di segnalare le identità degli assassini. Quella di Gallinari avrebbe forse conferito una svolta alla storia del brigatismo rosso.
Forse. Ma a volte tutto dipende da dettagli apparentemente insignificanti.