Ciclicamente, in occasione di eventi bellici o conflitti sanguinosi, commentatori e opinionisti rispolverano la vecchia equazione guerra=malattia mentale. La guerra, secondo questa interpretazione sempre pronta all’uso, sarebbe iniziata da “malati di mente” e sarebbe del tutto irrazionale: nessun individuo sano di mente, infatti, dichiarerebbe mai guerra a un altro paese, di conseguenza chi lo fa deve avere qualche rotella fuori posto.
Non sorprende, allora, che, anche in occasione dell’invasione dell’Ucraina da parte dei russi di Putin, ci si chieda insistentemente se Putin sia folle, se esibisca pericolosi sintomi di long covid, se nella sua mente alberghi una “realtà parallela”, se stia seguendo la cosiddetta “teoria del pazzo” (colpire l’avversario con violenza inaudita dando fondo a reazioni irrazionali). Negli Stati Uniti l’intelligence sarebbe al lavoro per valutare lo stato di salute mentale del leader russo. È prevedibile che panel di psichiatri di tutto il mondo si pronunceranno presto sulle sue condizioni psichiatriche. Seguiranno diagnosi, articoli, saggi e manuali. Magari, coronate dalla coniazione di una nuova categoria di disturbo mentale.
Da sempre, etichettare le idee dell’avversario come folli è una strategia per privarle di significato, riducendole a deliri mentali indegni di considerazione. Questa strategia serve, da un lato, a condannare inevitabilmente il nemico, dall’altro, a disinnescare qualsiasi tentativo di comprenderne motivazioni e obiettivi, soprattutto se sgradevoli. Si tratta di una tattica miope che finisce con il demonizzare psichiatricamente l’altro, rinunciando a comprenderlo e abdicando alla ragione. Errore madornale che dà l’illusione di capire, ma condanna all’incomprensione più nera.
L’equazione malattia mentale=criminalità è peraltro smentita da tempo dalla criminologia.
A dispetto di quanto si ritiene comunemente, la ricerca criminologica e le statistiche della criminalità hanno più volte dimostrato che (1) esiste una debole correlazione, in genere, fra malattia mentale e pericolosità sociale; che (2) i malati di mente nel complesso non compiono in proporzione al loro numero più reati rispetto agli individui normali e che (3) la maggior parte dei reati compiuti da malati di mente sono di modesto allarme sociale (oltraggi, furti, ingiurie, danneggiamenti) piuttosto che reati gravi o reati contro la persona.
Non solo. I malati di mente sono più spesso vittime che autori di atti criminali, oltre che di discriminazioni, pregiudizi e stereotipi.
Il luogo comune del “dittatore pazzo” è profondamente nocivo. Inganna chi cerca spiegazioni. Mistifica il dibattito sulla guerra. Condanna all’incomprensione. Anche se è tanto comodo e facile.