Avvicinandosi il Natale, mi piace riflettere sulla sottile psicologia del dono, mai banale e sempre interessante. A dispetto degli ingenui, i regali manifestano motivazioni articolate e diversissime tra loro di cui non si è sempre consapevoli.
In quel che segue ho provato a descrivere una tipologia psicologica del dono, senza alcuna pretesa di esaustività. Lo slogan potrebbe essere il classico Timeo Danaos et dona ferentes. Con la differenza che probabilmente dovremmo temere non solo i nostri nemici, ma anche i nostri amici o amanti:
Dono oblativo: il dono ideale, fatto per il puro gusto di donare, senza aspettarsi niente in cambio. È piuttosto raro. Perfino tra persone che si amano, spesso il regalo sottende un Do ut des.
Dono d’amore: classico dono tra fidanzati o comunque individui che si trovano in una condizione sentimentale di statu nascenti, come direbbe Alberoni. L’amore, però, può essere qualcosa di estremamente complesso e celare mille intenzioni, intese, insinuazioni, allusioni, sottintesi, equivoci, tradimenti.
Dono di gratitudine o ricompensa: esprime gratitudine (sincera o no) o ricompensa per un’azione ricevuta o un favore.
Dono convenzionale o tradizionale: è il dono fatto per puro dovere senza alcun coinvolgimento emotivo, per rispettare le convenzioni (compleanno, Natale, Pasqua, pensionamento, laurea). È dettato dall’evento. Di solito per chi lo fa è solo una scocciatura, una perdita di tempo di cui si farebbe volentieri a meno.
Dono equilibrante: è fatto di solito da chi ha appena ricevuto un regalo per sdebitarsi. Quando si riceve un regalo si avverte una sensazione di asimmetria che molti si sentono in obbligo di equilibrare attraverso un altro dono.
Dono dimostrativo, comparativo o maussiano: è fatto per dimostrare all’altro che si è superiori, che ci si può permettere di spendere e spandere, che si è più danarosi del destinatario del regalo. Il messaggio finale, consapevole o no, è: io posso più di te (da Marcel Mauss, antropologo francese, autore di uno studio importante sul dono).
Dono possessivo: è fatto per imporre o confermare un senso di possesso sul destinatario del dono. Il suo messaggio è: tu mi appartieni. Rientrano in questo tipo tanto il dono all’amante affinché rimanga tale quanto il dono del boss ai suoi fedeli per confermare che essi appartengono a lui.
Dono riparativo o compensatorio: è fatto per riparare a un torto, una mancanza o un misfatto. Tipico è il gioiello regalato alla moglie dal marito “disattento” o il giocattolo regalato al figlio dal padre “assente”.
Dono consolatorio: è fatto per consolare il destinatario di un insuccesso subito. È tipico il dono di articoli di cancelleria allo studente arrivato ultimo alla gara scolastica o il giocattolino al bambino che si è sbucciato il ginocchio.
Dono di Laocoonte: quello che viene dal nemico e che porta solo cattive notizie o conseguenze, anche se si presenta in ottima veste. I nemici sono sempre nemici.
Dono per senso di colpa: è fatto per lenire o attutire un senso di colpa. Tipico il regalo fatto alla moglie dal marito adultero (o viceversa).
Dono aziendale: serve a confermare e consolidare l’ordine esistente all’interno dell’azienda e a comunicare e sostenere un clima lavorativo positivo (ossia produttivo), a confermare gerarchie e posizioni, ruoli e status, organigrammi e relazioni industriali. Non è mai un dono “innocente”.
Dono familiare: come quello aziendale. Serve a confermare e consolidare l’ordine esistente all’interno della famiglia e a non turbare equilibri precari.
Dono fidelizzante o di fidelizzazione: serve a fidelizzare il cliente, a renderlo o mantenerlo devoto alla causa del brand, al marchio, all’azienda. Un esempio tipico è rappresentato dai gadget.
Dono a scopo persuasivo: serve a rendere il destinatario più vulnerabile a un successivo atto di persuasione (cioccolatino, pubblicazione gratuita, ninnolo, spilla, al limite sorriso o carezza). Cattura l’attenzione e induce il destinatario a ricambiare attraverso, ad esempio, un gesto d’acquisto. È alla base di uno dei principi più potenti in ambito persuasivo: il principio di reciprocità.
Dono di ingraziamento o strumentale: è fatto per raggiungere uno scopo, ingraziarsi qualcuno, farsi benvolere da qualcuno, una sorta di captatio benevolentiae. Può coincidere con il dono a scopo persuasivo.
Dono ricattatorio: ti regalo X, ma tu non dire o fare Y. Anche questo si basa su un principio di reciprocità.
Dono caritatevole: è quello che si fa al mendicante, ossia l’elemosina. Può assolvere mille funzioni, non tutte nobili.
Dono di omaggio: non si fa quasi più. Un tempo si rendeva a nobili e monarchi. Oggi, di nobili e monarchi ne sono rimasti pochi.
Dono egocentrico: consiste nel donare all’altro ciò che si pensa vada bene per lui/lei indipendentemente dal fatto che a lui/lei possa piacere o no. I donatori egocentrici hanno difficoltà a mettersi nei panni degli altri e pensano che tutti desiderino ciò che essi stessi desiderano.
Dono eterocentrico: è il contrario del dono egocentrico. Consiste nel donare all’altro ciò che l’altro desidera, anche se il donatore non vorrebbe mai ricevere quel regalo o lo troverebbe addirittura sgradevole.
Dono sadico: è fatto allo scopo consapevole di procurare dolore, fastidio o irritazione all’altro. In questo caso, il donatore approfitta dell’occasione per “colpire” il destinatario del dono e comunicargli messaggi sgradevoli. Tipico degli psicopatici.
Dono criptico: il destinatario non sa perché gli venga fatto, né quale messaggio contenga. Potrebbe nascondere intenzioni amichevoli, amorevoli o ostili.
Dono di riciclo: consiste nel donare agli altri doni ricevuti in passato e ritenuti poco utili o gradevoli. Può essere tanto oblativo quanto sadico.