Ho già discusso sia su questo blog sia nel mio libro, 111 errori di traduzione che hanno cambiato il mondo, di come gli errori di traduzione possano essere adoperati a scopi propagandistici in occasione di eventi bellici. In entrambi i casi, il materiale per la mia discussione proveniva da un libro straordinario, purtroppo mai tradotto in italiano, scritto da Arthur Ponsonby e intitolato Falsehood in War-Time. Il libro, scritto all’indomani della Grande Guerra, sintetizza le principali tecniche propagandistiche adoperate nel periodo 1914-1918 sia dagli Alleati sia dai loro nemici e resta un testo estremamente attuale su come i nostri governanti riescano a “venderci” quella particolare merce che si chiama “guerra”.
Una tecnica incredibile è descritta nel capitolo intitolato The Corpse Factory (“La fabbrica dei cadaveri”). Il capitolo fa riferimento a una voce, diffusasi in tutta Europa a partire dal 1917, secondo cui i tedeschi avrebbero utilizzato i propri cadaveri (ma anche quelli dei nemici, secondo altre fonti) per estrarre grasso animale da convertire in oli lubrificanti, fertilizzanti o mangimi per maiali. La voce, che poi si rivelò completamente falsa, anzi una scaltra invenzione a scopi persuasivi, suscitò un’enorme reazione emotiva da parte degli Alleati e contribuì a facilitare la rappresentazione del nemico come un essere più vicino alle bestie che agli uomini; opera, come ormai noto, indispensabile ai fini della conduzione della guerra. Basti pensare a come gli arabi sono stati rappresentati nei recenti conflitti in Medio Oriente.
Ai nostri fini, è curioso rilevare come alcune persone, evidentemente incredule di fronte a tali atrocità, immaginarono che il tutto fosse dipeso da un errore di traduzione. In particolare, alcune lettere inviate a vari quotidiani contestarono la traduzione della parola tedesca kadaver, facendo notare che essa non si riferiva a cadaveri umani, ma solo ed esclusivamente a carcasse animali. I tedeschi, dunque, avrebbero tratto i loro grassi non da cadaveri umani, bensì dai corpi di animali morti. Il «Times» dell’epoca controbatté esibendo esempi tratti da un dizionario che indicavano che il termine kadaver poteva riferirsi tanto a uomini quanto ad animali. Ne nacque una sorta di querelle linguistica, assolutamente inutile dal momento che, come detto, la notizia era un clamoroso falso.
La storia, però, dimostra come, posti di fronte ad atrocità clamorose, gli esseri umani tentino disperatamente di ricondurre taluni episodi a dimensioni più umane e di salvaguardare, in un certo senso, l’eticità dei propri “fratelli”. Anche attraverso la rilevazione di possibili errori di traduzione. Come dire: “Il nemico, per quanto nemico, non può essere capace di tanto. Deve essere un errore di traduzione!”.
Per ironia della vita, nel corso della Seconda guerra mondiale e oltre, i tedeschi furono accusati, questa volta a ragione, di ben altri crimini contro l’umanità. Ma questa è un’altra storia.