In Fortitude, serie televisiva britannica incentrata su una serie di omicidi che hanno luogo nell’omonima fittizia cittadina insulare della regione artica, Henry Tyson, interpretato dall’attore irlandese Michael Gambon, è un fotografo malato terminale di cancro. Non restandogli molto da vivere, riceve l’ingiunzione di lasciare l’isola perché a Fortitude la legge proibisce di morire.
Pensavo che la cosa fosse una bizzarria della fiction per rendere più interessante e misteriosa la serie. In realtà, esistono davvero luoghi al mondo in cui non si può morire per legge, seppure per motivi diversi.
Nella (vera) città artica di Longyearbyen, situata in un’isola norvegese, chi sta per morire è tenuto a raggiungere la terraferma perché le temperature polari impediscono ai corpi di decomporsi e conservano virus mortali. In alcuni cadaveri di Longyearbyen, dove è proibito morire da quasi 70 anni, è stato rinvenuto addirittura il virus della famigerata “spagnola”, un’influenza che nel 1918 fece stragi, a riprova del fatto che qui i morti non muoiono mai davvero. In altre città, il macabro divieto ha ragioni diverse. Nel 2015, a Sellia, in provincia di Catanzaro, lo spopolamento e la mancanza di risorse hanno persuaso il Primo cittadino a ingiungere ai cittadini, tramite ordinanza, di prendersi cura di sé e “non ammalarsi nel territorio comunale”, come se la malattia e la morte potessero essere proibite con un atto burocratico. In altri luoghi, Cugnaux e Sarpourenx in Francia, Biritiba Mirim in Brasile, Lanjaron in Spagna e Falciano del Massico (CE), in Italia, il divieto di morire ha origine dalla indisponibilità di spazio cimiteriale che obbliga gli abitanti a essere sepolti altrove. Nella cittadina in provincia di Caserta, il sindaco ha addirittura messo nero su bianco, nella solita immancabile ordinanza, che è vietato a tutti “oltrepassare il confine della vita terrena per andare nell’aldilà”. Deliri di onnipotenza da amministratore locale? Leggendo questi decreti è difficile sfuggire a questa impressione.
Del resto, anche nel passato è possibile scovare divieti simili. Tucidide ci dice che gli ateniesi decisero di purificare l’isola di Delo per scopi religiosi, proibendo morti e nascite. A tal proposito, nell’inverno del 426/5 a.C., aprirono tutte le tombe dell’isola e trasportarono i resti nella vicina isola di Renea, dove li seppellirono in una fossa comune.
Leggo questi atti apparentemente insensati non solo come tentativi di risolvere problemi pratici (temperature artiche, spopolamento, mancanza di spazi), ma come disperati esperimenti per aggirare la morte. Che però se ne frega di ordinanze e decreti e procede dritta per la sua strada