In uno dei miei libri più recenti, Mancini, mongoloidi e altri mostri (2014), segnalavo la tendenza della nostra società a costruire continuamente nuovi “mostri”, spesso riflesso di paure e ossessioni tipiche della contemporaneità. Basti pensare alla figura del “falso invalido” o welfare cheat, che proietta intorno a sé un orrore direttamente proporzionale alla scarsità di risorse che sembra affliggere i nostri tempi, o a quella del criminale ecologico, termine che comprende tanto chi sversa rifiuti su terreni estesi quanto chi non “conferisce” la spazzatura nel posto giusto al momento giusto.
Un altro “mostro” recente è sicuramente il pirata della strada. Sulla scia di una serie di investimenti stradali con morti (soprattutto se i protagonisti cattivi sono rom o immigrati), l’11 giugno scorso, come si legge in un articolo del Post,
il Senato ha approvato il disegno di legge che introduce e disciplina nel codice penale il reato di omicidio stradale e anche quello di lesioni personali stradali. La legge prevede il carcere da otto a dodici anni per omicidio colposo commesso da un conducente in stato di ebbrezza; in caso di morte di più persone la pena può arrivare a essere triplicata, ma non può superare i diciotto anni; in caso di fuga la pena viene aumentata da un terzo alla metà. Nel caso di lesioni personali gravi, la pena è aumentata da un terzo alla metà; nel caso di lesioni personali gravissime, è aumentata dalla metà a due terzi.
A tal proposito il sociologo e senatore della Repubblica Luigi Manconi ha parlato di “populismo penale” commentando un provvedimento che non sanziona una emergenza (come rileva lo stesso Manconi, in Italia, “i morti per incidente stradale, sono passati, nell`ultimo quarto di secolo, dai 6.621 dell`anno 1990 ai 3.385 del 2013”) ma indulge agli spiriti di vendetta, alimentati da media e politici, che episodi del genere suscitano prevedibilmente nei bravi cittadini-spettatori. In questo senso, l’introduzione del nuovo reato non serve tanto a porre rimedio a una fallacia criminologica quanto a eccitare gli animi dei demagogisti e a fornire uno sfogo penale a quanti pensano che non si faccia abbastanza per l’ordine nelle nostre città.
In ogni società e in ogni tempo, i mostri servono. Servono anche nella nostra società e nel nostro tempo. Ma attenzione a creare continuamente mostri! Si rischia di creare uno zoo di nefandezze in cui, alla fine, i veri mostri siamo noi. Perché chi crea mostri finisce con il somigliare a loro.