Le scienze sociali hanno appurato da tempo l’esistenza di un enorme fraintendimento a proposito delle menzogne. La maggior parte di noi pensa che essere bugiardi sia un tratto costante della personalità per cui o si è bugiardi o si è sinceri. In realtà, la menzogna è una condizione in cui ci troviamo a volte in risposta a determinate sollecitazioni che ci vengono dall’esterno. Questo significa che tutti noi possiamo essere sinceri o bugiardi a seconda della situazione. La rappresentazione della menzogna come tratto è particolarmente vivida nel caso della politica. È più forte di noi. I politici – riteniamo – sono tutti irrimediabilmente bugiardi. Tranne qualcuno che ci appare come irrimediabilmente sincero. Il giornalista Ian leslie ci fa capire l’insensatezza di questo modo di vedere le cose:
Se vogliamo una politica più onesta dobbiamo creare condizioni tali da indirizzare i nostri politici verso l’onestà. Per prima cosa, dobbiamo essere più sinceri riguardo a noi stessi. […], la maggior parte di noi ama pensarsi un po’ più altruista, virtuosa e onesta di quanto non sia in realtà. Questo vale per noi come elettori proprio come vale per noi come colleghi o amici; i sondaggi immancabilmente registrano che le persone sono disposte a pagare più tasse per migliorare i servizi pubblici, eppure il partito che promette di abbassare le imposte è solitamente quello più votato. I politici capiscono che noi ci autoinganniamo da tempo immemorabile e fanno deliberatamente appello agli istinti che gli elettori non confessano, oltre a quelli dichiarati – e noi li odiamo per questo. […]. Noi scarichiamo le incertezze che nutriamo sulla nostra stessa probità su un gruppo che tutti si sentono a proprio agio nel mettere alla gogna.
In secondo luogo, dobbiamo abituarci ad accettare verità politiche scomode. Al momento è come se noi non volessimo veramente dei politici sinceri. Ci dà fastidio oppure ci fa arrabbiare se cambiano idea, se confessano che alcuni problemi sono insolubili, se danno mostra di qualsiasi atteggiamento che non sia di controllo sovrumano su tutto. E non ci piace nemmeno che facciano dichiarazioni impreviste. Quando i candidati alla presidenza o i rappresentanti di governo […] si trovano al centro di una polemica per colpa di un’affermazione fuori programma, spesso è perché l’osservazione era stupida o offensiva, ma ancora più spesso perché era vera. La definizione stessa di «gaffe», secondo il giornalista americano Michael Kinsley, è «un politico che dice la verità in pubblico». […] i nostri politici hanno imparato che saranno fustigati qualunque cosa dicano – quindi tanto vale mentire, o almeno evitare di dare una risposta onesta. Forse, più che impartire ai nostri politici una educazione morale, dovremmo fornire loro una migliore gamma di scelte (Leslie, I., 2016, Bugiardi nati, Bollati Boringhieri, Torino, pp. 183-184).
Insomma, se un politico mente lo accusiamo di essere bugiardo, ma se non mente lo accusiamo di non saperci fare o di compiere gaffe. Se cambia idea, esprime un’opinione diversa o acquisisce una consapevolezza nuova dei fatti (come accade a tutti noi nella vita di ogni giorno), lo condanniamo. Qualsiasi cosa accada, non ci va bene. Dovremmo ricordarlo, quando andiamo a votare e giudichiamo i politici “una masnada di ladri”. Quando accusiamo i politici di essere menzogneri, cerchiamo di non essere, a nostra volta, qualunquisti.