La mente umana è afflitta da un potentissimo pregiudizio che gli psicologi definiscono “pregiudizio di proporzionalità”. In base a esso, tendiamo a pensare che la grandezza di un effetto sia pari alla grandezza della sua causa. Quando il risultato di un evento è significativo, importante o in qualche modo profondo, siamo inclini a pensare che debba essere stato causato da qualcosa di altrettanto significativo. Detto in parole semplici, ci aspettiamo che a grandi effetti corrispondano grandi cause.
Alla luce di tale pregiudizio, potrebbero apparire sorprendenti i risultati di due ricerche che hanno dimostrato come le sentenze formulate dai giudici nel corso delle loro attività siano spesso condizionate da fattori quali la vittoria o la sconfitta della squadra del cuore, l’umore del momento, il bello o cattivo tempo o se si è appena fatta colazione.
Il primo studio (1) condotto negli Stati Uniti su migliaia di sentenze di tribunali minorili tra il 1996 e il 2012 ha riscontrato che quando la squadra di football locale perde una partita nel fine settimana, i giudici prendono decisioni più dure il lunedì (e, in misura minore, per il resto della settimana). Gli imputati neri risultano i più penalizzati da questo incremento di severità. Più precisamente questo effetto si ha se la squadra locale perde un incontro inaspettatamente, non se la sconfitta è prevedibile. Ciò è ancora più vero se il giudice ha ottenuto la sua laurea presso l’università la cui squadra di football ha perso la domenica precedente.
Il secondo studio (2) ha analizzato un milione e mezzo di decisioni giudiziarie emesse nell’arco di tre decenni, arrivando alla conclusione analoga che i giudici sono più severi nei giorni successivi a una sconfitta della squadra cittadina che nei giorni successivi a una vittoria. Lo stesso effetto è determinato se la decisione dei giudici ha luogo in un giorno di cattivo tempo.
Per quanto incredibili, questi due studi confermano una realtà nota da tempo agli psicologi. Cause apparentemente trascurabili o minime possono avere conseguenze terribili (ma anche estremamente positive) sulla vita delle persone.
Ciò dimostra che la vita non funziona in maniera simmetrica o equa. È opportuno tenerne conto se non vogliamo rimanere delusi di fronte al manifestarsi di tali effetti.
La vita, semplicemente, non obbedisce alle leggi della simmetria e dell’equità.
Fonti:
(1) O. Eren, N. Mocan, Emotional Judges and Unlucky Juveniles, in “American Economic Journal: Applied Economics”, 10 (2018), n. 3, pp. 171-205.
(2) D.L. Chen, M. Loecher, Mood and the Malleability of Moral Reasoning: The Impact of Irrelevant Factors on Judicial Decisions, in “SSRN Electronic Journal”, 21 settembre 2019, pp. 1-70.
Kahneman, Daniel; Sibony, Olivier; Sunstein, Cass R.. Rumore (Italian Edition) (p.21). UTET. Edizione del Kindle.