Secondo la Treccani, “permanente” vuol dire “che rimane durevolmente, che ha durata stabile, che continua a sussistere o a essere tale per un lungo periodo di tempo, senza interruzioni né cambiamenti (l’opposto di provvisorio, temporaneo)”. A tutti noi piace pensare che, se qualcosa ci è presentato come “permanente”, debba durare a lungo e stabilmente, essere il contrario di provvisorio. La retorica della pubblicità, invece, manipola i significati dei termini in maniera ingannevole, estendendone, riducendone o stravolgendone il campo semantico in ragione degli interessi dei produttori.
Si pensi a una espressione come “epilazione permanente”. Chi si avvicinasse a questa cosmesi con l’aspettativa di eliminare per sempre o, comunque, per un tempo molto lungo i peli del proprio corpo, rimarrebbe deluso. In questo caso, infatti, “permanente” vuol dire semplicemente “che dura più a lungo della normale depilazione”. Tale accezione è rinvenibile anche nella “permanente” che si ottiene dal parrucchiere (propriamente “ondulazione permanente”, sempre secondo la Treccani), che è una arricciatura dei capelli che, come sanno tutte le donne, può durare solo pochi mesi e non è certo destinata a durare per tutta la vita. In entrambi i casi, la nozione di durata insita nel termine “permanente” gioca sulla contrapposizione con la durata di tecniche cosmetiche più effimere, ma finisce con l’essere altrettanto effimera e provvisoria, con la differenza che il termine sfrutta la connotazione positiva della lunga durata propria della sua definizione ordinaria. Il risultato è un paradosso non dissimile dalla nota boutade “l’amore è eterno finché dura”.
Le vicende dell’aggettivo “permanente” ci mettono in guardia dal fidarci ciecamente dei messaggi pubblicitari. Niente di nuovo. Ma confesso che, per un periodo, ho davvero creduto che l’epilazione permanente fosse… permanente.