Il grande psicologo israeliano Daniel Kahneman, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2002, in un suo libro, tradotto in italiano con il titolo Pensieri lenti e veloci, riferisce un inquietante esperimento:
Otto giudici israeliani «dovevano concedere o negare la libertà sulla parola a dei detenuti. Per intere giornate queste persone passano in rassegna domande di libertà sulla parola. I casi sono presentati in ordine sparso e i giudici dedicano pochissimo tempo, in media sei minuti, a ciascuno di essi. (In genere la libertà non viene accordata; solo il 35 per cento delle domande è approvato. Il tempo preciso impiegato per ciascuna decisione è registrato, come sono registrate le pause dei giudici: pausa caffè la mattina, pausa pranzo e pausa merenda nel pomeriggio.) Gli autori dello studio tracciarono il grafico del rapporto tra percentuale di richieste approvate e tempo trascorso dall’ultima pausa. La percentuale di sì era più alta dopo ciascun pasto, quando veniva accettato circa il 65 per cento delle domande. Nelle due ore che passavano prima della pausa successiva, il tasso di approvazione delle richieste calava costantemente, scendendo a zero poco prima del pasto. […], fu un risultato sgradito e gli autori controllarono con cura molte spiegazioni alternative. L’interpretazione più logica dei dati non è certo consolante: i giudici stanchi e affamati tendevano a ripiegare sulla soluzione più ordinaria, negando la libertà sulla parola. È molto probabile che la stanchezza e la fame svolgano un ruolo nel giudizio» (pp. 48-49).
Gli esiti di questo esperimento sono, come dicevo, inquietanti. I nostri giudizi – anche quelli che riguardano fatti importanti come la carcerazione o no di un nostro simile – dipendono spesso da fattori apparentemente trascurabili. Immaginate che influenza ha su un dipendente pubblico lavorare continuamente per 40 (e più) anni della sua vita in un ufficio dalle mura perennemente bianche, quando la psicologia ci dice che il bianco stimola sì l’attività intellettuale, logica e raziocinante, non offre distrazioni, conduce alla purezza e alla integrità, ma, al tempo stesso, comunica assenza di sentimenti, di passione, vuoto esistenziale, infelicità, vecchiaia, grigiore. Oppure pensate a quel famoso esperimento in cui la lettura di parole connesse con la vecchiaia, il grigiore, la stanchezza inducono inconsapevolmente i partecipanti a camminare più lentamente di chi legge parole connesse con la giovinezza, la freschezza, la velocità. Piccole cose che però hanno effetti incredibili su di noi. Anche se non lo sappiamo. E gli psicologi intanto gongolano!