Un articolo di Enrico Franceschini su «La Repubblica» del 10 agosto segnala un curioso fenomeno sociale che si sta diffondendo sempre più in Gran Bretagna. Un numero crescente di comuni stanno introducendo norme che proibiscono le oscenità in luogo pubblico. La violazione di tali norme può comportare sanzioni fino a 1000 sterline che, in tempi di crisi economica, possono essere davvero tante. Al di là dei dubbi e delle critiche che questa tendenza ha attirato e continua ad attirare, vorrei sottolineare la ratio ispiratrice di queste norme contro le oscenità. Dice Franceschini: «I consigli comunali che hanno adottato il provvedimento dicono che aiuta a combattere i comportamenti antisociali: si parte dalle parolacce – affermano – per poi imbrattare muri, spaccare finestre, urinare per strada, fare furtarelli e peggio». Saremmo di fronte, dunque, a una riedizione della “teoria delle finestre rotte” che, nonostante sia stata sconfessata e ridicolizzata a più riprese, torna sotto altre vesti per la gioia di sindaci e autorità locali, sempre alla ricerca di (più o meno) nuove ricette per dare l’illusione di governare. Perché oggi governare significa essenzialmente apparire severi: non importa se le cose non funzionano, se l’immondizia imbratta le strade, se queste sono danneggiate e insicure, se le politiche sociali sono una caricatura di se stesse, se le amministrazioni pubbliche sono understaffed. Ciò che conta è dare l’impressione di essere severi e autorevoli: gli elettori apprezzano, per poi lamentarsi. E lamentandosi si scaricano. Purché non lo facciano dicendo parolacce. E qui è il principale errore dei sindaci. Finirà che, con il divieto di oscenità, i cittadini raggiungeranno il picco dell’esasperazione e capiranno che le “finestre rotte” non funzionano. Altrove lo hanno già capito. In Inghilterra e in Italia, no.
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