Essendomi occupato di pareidolia e profezia che si autoavvera, sono molto sensibile alla presenza di questi due fenomeni nella vita come nella letteratura.
È notevole il numero di scrittori, poeti, drammaturghi che, seppure inconsapevolmente, ospitano pareidolia e profezia che si autoavvera nelle loro opere. Tra questi potremmo citare William Shakespeare, Denis Diderot, Edgar Allan Poe, Daniel Defoe e tanti altri.
Leggendo il libro di Fara Di Maio, Eduardo, l’occulto e la magia (CICAP, 2014), dedicato a esaminare la presenza di temi paranormali nell’opera del drammaturgo, attore e regista napoletano Eduardo De Filippo (1900-1984), mi sono imbattuto in un caso di pareidolia e in uno di profezia che si autoavvera nella stessa commedia Non ti pago del 1940.
Come è noto le commedie di Eduardo hanno spesso per protagonisti personaggi che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con la magia e il soprannaturale. Basti ricordare Sik Sik l’artefice magico (1929), Questi fantasmi! (1946), Le voci di dentro (1948).
È in Non ti pago, però, che troviamo riferimenti espliciti ai due temi a me cari.
Leggiamo la trama dell’opera come raccontata da Fara Di Maio:
Ferdinando Quagliuolo è il gestore di un banco lotto, appassionato del gioco ma eterno perdente. Il suo impiegato Mario Bertolini, invece, indovina spesso i numeri vincenti. Ferdinando detesta Bertolini, che invidia per la sua fortuna, e non sopporta che per di più la figlia Stella sia innamorata di lui che la vuole sposare. Un giorno il giovane annuncia di aver vinto addirittura una quaterna che, in sogno, gli ha dato proprio Saverio, il defunto padre di Ferdinando. Questi si impossessa del biglietto perché, a suo avviso, il padre ha semplicemente sbagliato persona: Bertolini infatti abita ora nell’appartamento precedentemente occupato dai Quagliuolo. Ferdinando decide di portare Bertolini in tribunale: suo padre buonanima gli farà da testimone! Dopo disquisizioni con il parroco e liti furiose in famiglia e nel condominio, accompagnate da un colpo di pistola, Quagliuolo cede il biglietto, ma lancia una maledizione di fronte al ritratto del defunto genitore: ogni volta che Bertolini tenterà di incassare la vincita, gli capiterà una disgrazia. Dopo una incredibile serie d’incidenti, Bertolini decide di rinunciare al biglietto. Soddisfatto, Ferdinando “ritira” la maledizione e lascia che Bertolini sposi Stella. La vincita rimane in famiglia (Fara Di Maio, 2014, Eduardo, l’occulto e la magia, CICAP, Padova, pp. 53-54).
Leggiamo ora il passo in cui è presente il tema della pareidolia:
Aglietiello – Gli ho portato i biglietti giocati. Stanotte ci sono state le visioni. Io e vostro marito siamo stati fino alle quattro del mattino seduti sui tetti. Stanotte il cielo era nuvoloso. E quando le nuvole incominciano a intrecciarsi tra di loro si formano una specie di quadri plastici: figure, teste, animali, alberi, montagne… E quando c’è la persona che conosce il trattato della composizione e della combinazione fumogena, fa la storia perfetta della volontà dei vivi e dei morti: ne caccia il così detto costrutto, e dal costrutto i numeri per i terni e le quaterne. … Era la voce di un passante in mezzo alla strada! Ferdinando! Ferdinando! era l’anima di don Saverio che si è servito del viandante per chiamare il figlio. È giusto? E io ho fatto i numeri (Fara Di Maio, 2014, Eduardo, l’occulto e la magia, CICAP, Padova, p. 55).
Qui, la pareidolia – il riconoscimento di teste, animali, alberi nelle forme delle nuvole – è strettamene associato a un genere preciso di mantica che pretende di ricavare dall’interpretazione pareidolica vaticini sul gioco del lotto. La pareidolia è stata spesso utilizzata a scopo divinatorio, in tempi e luoghi diversissimi tra loro. Non sorprende, dunque, che anche Eduardo, pur senza conoscerne il nome, ne abbia fatto uso nella sua opera, incastonando il fenomeno nell’orizzonte magico-religioso napoletano.
Un altro passo riguarda, come detto, la profezia che si autoavvera. Eccolo:
Strumillo – Per carità, io non voglio distruggere proprio niente. Se mai non credo a questa maledizione. Capisco benissimo che, nei confronti del mio cliente, gioca molto il fattore suggestione. Capirete, chillo è prevenuto, e appena se move fa nu guaio. E poi… pure perché, scusate, allora sarrìa bello! Ognuno se pò scetà na matina, dice ‘Tizio m’è antipatico’, lo maledice e lo distrugge… Addo simme arrivate? (Fara Di Maio, 2014, Eduardo, l’occulto e la magia, CICAP, Padova, p. 55).
In questo caso, uno dei personaggi, l’avvocato Strumillo, osserva che chi è convinto di essere vittima di una maledizione può agire, per suggestione, comportamenti maldestri che procurano danni concreti, i quali, a loro volta, fanno “avverare” l’iniziale maledizione, completando il ciclo classico della profezia che si autoavvera. È così che nascono e si perpetuano superstizioni e false credenze, le quali, credute vere, inducono nel soggetto sprovveduto condotte conformi a ciò in cui egli crede che, in ultima analisi, fanno avverare il contenuto della credenza.
In realtà, siamo noi – la nostra mente, la nostra personalità – ad attribuire significato compiuto a forme casuali o a mettere in atto comportamenti che fanno “avverare” le nostre paure e le nostre convinzioni. Siamo noi a conferire senso a fatti che ne sono di per sé privi, contribuendo a rafforzarli.
Siamo noi, in altre parole, a creare il mondo in cui viviamo per poi attribuirne la creazione a enti immaginari che chiamiamo con nomi disparati.