La storia dell’arte ci insegna che, dopo il Mille, in Occidente prende a diffondersi un tipo di raffigurazione del Cristo in cui Gesù appare morto su un crocifisso con gli occhi chiusi e la testa reclinata all’ingiù. Si tratta di una iconografia di origine bizantina che mette in evidenza la passione, le sofferenze che Gesù avrebbe patito per l’umanità. Non appena questa iconografia prende piede, uomini e donne cominciano a “vedere” stabilmente croci nei cieli o altrove, esempio tipico di come le illusioni pareidoliche, consistenti nel vedere in macchie amorfe immagini dotate di senso, siano storicamente determinate. Ce lo dice Ludovico Gatto in un libro di qualche tempo fa, Il Medioevo giorno per giorno:
[…] la comparsa dei primi crocifissi nell’Occidente, segna una precisa svolta nella storia della religiosità progressivamente affinata e spiritualizzata. Nel 1010 ad esempio, un monaco di San Marziale di Limoges scorge nell’alto dei cieli un enorme crocifisso con l’immagine del Signore inchiodato alla croce e dolorosamente piangente e il prodigio gli richiama alla mente le sofferenze del figlio di Dio (Gatto, L., 2003, Il Medioevo giorno per giorno, Newton Compton, Roma, p. 131).
Le visioni e le illusioni non sono mai “spontanee”, ma sempre storicamente relative, a dispetto di quanti credono che i cristiani abbiano sempre visto le stesse cose perché il cristianesimo è la stessa religione da 2000 anni a questa parte. Non è vero. Anzi, il cristianesimo è sopravvissuto così a lungo perché ha saputo cambiare. E cambiando, sono cambiate anche le cose che i cristiani hanno visto nel cielo o altrove.