Romolo G. Capuano
Bizzarre illusioni. Lo strano mondo della pareidolia e i suoi segreti
Mimesis Edizioni, Milano, 2012, pp. 304.
Questo libro si occupa di un argomento apparentemente banale, ma ricco di implicazioni culturali, religiose, filosofiche e artistiche. Pareidolia. Qualcuno si domanderà: che cos’è? Semplicemente, una delle più affascinanti illusioni percettive e uditive che popolino la nostra mente. Ti sei mai chiesto perché vedi quel volto umano in una macchia di umidità sul muro? Perché ti sembra di udire un frase sensata nel rumore che proviene dalla tua radio? O perché i misteriosi numeri di Lost sono così affascinanti? Non devi fare altro che leggere questo libro e lo saprai. Insieme a tante altre cose.
Bits and pieces about pareidolia
Strane apparizioni nell’Inghilterra del Seicento
Nell’Inghilterra del Seicento era singolare «la propensione dei contemporanei a scorgere in cielo apparizioni d’un tipo a noi negato: cavalli lanciati al galoppo, draghi, eserciti che si scontravano in battaglia. Questi equivalenti dei nostri dischi volanti potevano assumere forme bizzarre, come ad esempio quello visto da due contadine poco prima dei tramonto il 16 aprile 1651: una battaglia in cielo, seguita dall’apparizione di angeli di «colore azzurrastro e delle dimensioni all’incirca di un cappone, con facce (così è parso loro) da civette». Di solito, però, tali apparizioni rivelano semplicemente che nell’allucinazione, non meno che nella visione normale, la percezione umana è condizionata da stereotipi ereditati dalla particolare società di cui gli esseri umani fanno parte. Sino alla fine del Seicento, non ci fu carenza di opuscoli in cui si descrivevano uccelli che svolazzavano sopra i letti dei moribondi, apparizioni che causavano naufragi, eserciti che si scontravano in cielo» (Thomas, K., 1985, La religione e il declino della magia, Mondadori, Milano, pp. 89-90).
Facce e pareidolia
«Al cervello umano bastano pochi elementi distribuirti in un determinato modo per riconoscere una faccia con specifiche espressioni o stati d’animo: occhi-naso-bocca e in modo automatico si crea un volto. Si tratta di un meccanismo illusorio, la pareidolia, che permette al cervello di ricondurre forme non definite, a immagini note. In passato la pareidolia era associata alla psicosi, mentre negli ultimi anni è oggetto di numerosi studi scientifici che le attribuiscono il ruolo di normalità percettiva più o meno diffusa tra gli individui. Rieth e colleghi (2011) presentarono ad un campione di 699 studenti volti nascosti in immagini confuse; i risultati mostrarono come il 90% dei partecipanti riconobbe in ogni immagine i volti presenti anche se apparentemente poco visibili. In una fase successiva, furono mostrate immagini simili in cui però non vi era presente nessun volto, quattro persone su dieci riconobbero in esse la presenza di volti. In uno studio di Riekki e colleghi (2013) si è tentato di spiegare le percezioni paranormali utilizzando la pareidolia in un campione di 47 individui suddivisi in religiosi, credenti nel paranormale e non credenti in nessuna delle due ideologie. Lo studio dimostrò come sia i religiosi che i credenti in fenomeni paranormali tendevano a percepire più facce all’interno di immagini non ben definite rispetto ai non credenti. È grazie al processo della pareidolia che l’individuo è capace di riconoscere un viso nell’emoticon, comprendendone ogni sua intrinseca emozione (Riekki, 2013)» (Gulotta, G., 2017, Il volto nell’investigazione e nel processo, Giuffrè, Milano, pp. 85-86).
La neve percepita come piume in Erodoto
Erodoto descrive alcune regioni fredde del Nord: «Riguardo, poi, alle piume di cui, a quanto dicono gli Sciti, sarebbe piena l’aria e per le quali non sarebbe possibile né vedere più avanti nel continente, né aggirarvisi, ecco qual è il mio parere. Al Nord di questa regione cade continuamente la neve, con minore intensità d’estate che non d’inverno, come, del resto, è naturale. Orbene, chiunque abbia visto da vicino una copiosa nevicata, intende quanto io dico: poiché le falde della neve somigliano a piume ed è appunto in conseguenza di tali freddi che la parte settentrionale di questo continente è inabitabile. Ordunque, io penso che gli Sciti, e i popoli che abitano intorno a loro, parlino di piume intendendo indicare le falde di neve» (Erodoto, 1988, Storie, Mondadori, Milano, pp. 369-370).
Rocce come navi in Erodoto
«Quando, però, i Barbari navigando furono nei pressi di Capo Zostere, siccome dei sottili promontori in questa parte del continente si spingono in mare, credettero che si trattasse di navi e si diedero alla fuga per lungo tratto; dopo un certo tempo, avendo constatato che non erano navi, ma punte rocciose, raccoltisi in ordine, proseguirono la loro rotta» (Erodoto, Storie, p. 775).
Leggi il mio articolo sulla pareidolia pubblicato dalla rivista Airone
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