Tra le numerose reliquie esistenti, una delle più curiose è il bastone di San Giuseppe, se non altro perché luoghi diversi pretendono di custodirne l’originale. Il bastone infatti è “conservato”, come fa notare Erberto Petoia, «a Firenze nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, a Roma nelle chiese di Santa Cecilia e Sant’Anastasia, nella Chiesa di san Giuseppe dei Nudi a Napoli, a Beauvais e in altre parti di Europa» (Petoia, E., 2015, Storia del presepe, Editori Riuniti university press, Roma, p. 232). Sembra quasi che Giuseppe non avesse un solo bastone, ma centinaia. Una fabbrica di bastoni. Ma ciò è tipico delle reliquie. Già Calvino faceva notare che se fossero vere le pretese di tutti coloro che sostengono di custodire frammenti della croce sulla quale fu infilzato Gesù, potremmo ricostruire non una croce, ma un intero villaggio di legno (Calvino non parlava di un villaggio, ma il senso è quello. Cito a memoria). E a proposito di bastoni di san Giuseppe, quello conservato a Napoli è alla base di un noto detto popolare napoletano. La storia ce la racconta ancora Erberto Petoia:
A Napoli il bastone di San Giuseppe era nei tempi passati oggetto di notevole devozione e si dice che fosse stato portato a Napoli dall’Inghilterra dal cavalier Grimaldi. Questi, per accogliere la reliquia, aveva trasformato una stanza della sua abitazione in una sorta di cappella e in occasione della festa del santo era consentito l’accesso a tutti i devoti. Questi non si contentavano di baciare la reliquia ma cercavano di staccare dei pezzetti di legno del bastone, per conservarli, e da tale usanza avrebbe avuto origine il detto tuttora in uso: Nun sfruculiate ’a mazzarella ’e S. Giuseppe, che per la nota simbologia fallica a cui richiama il motivo del bastone equivale al più prosaico invito a non arrecare fastidio (p. 232, n. 18).
Vi auguro di sfruculiare ’a mazzarella di tutti i potenti della terra. Il 2016 ne ha bisogno e anche gli anni a venire.