Nostalgia canaglia, anzi… criminale

Può la nostalgia essere una delle cause della criminalità? Può uno stato d’animo di acuto desiderio e rimpianto malinconico per quanto è trascorso o lontano essere alla base di un incendio doloso o di un gesto omicida? Secondo il criminologo austriaco Hans Gross (1847-1915), la risposta è sì.

Lo apprendiamo dal suo Psicologia criminale. Un manuale per giudici, professionisti e studiosi (1918), uno dei testi fondatori delle scienze forensi, in cui un’intera, per quanto breve, sezione è dedicata alla nostalgia come causa scatenante di azioni criminali.

Per Gross, la nostalgia, che alcuni teorici dei secoli precedenti definivano addirittura una malattia, può essere contrastata nella sua fase più acuta e struggente solo facendo esperienza di forti stimoli sensoriali. Quando tali stimoli non sono riconducibili a condotte lecite, possono essere tratti anche da azioni illecite, anzi criminali, come appiccare un incendio o uccidere un qualunque essere umano. Leggiamo le parole di Gross:

La questione della nostalgia è di fondamentale importanza e non deve essere sottovalutata. È stata molto studiata e si è giunti alla conclusione che soprattutto i bambini (in particolare durante il periodo della pubertà), e le persone idiote e deboli di mente, soffrono molto di nostalgia e cercano di combattere il sentimento opprimente di sconforto che da quella deriva con potenti stimoli sensoriali. Per questo motivo, sono facilmente spinti a commettere reati, in particolare ad appiccare incendi. Si sostiene che le persone prive di istruzione, che vivono in regioni solitarie e molto isolate, in cima alle montagne, nelle grandi brughiere o nelle zone costiere, sono particolarmente soggette alla nostalgia. Ciò appare vero e si spiega con il fatto che le persone istruite trovano facilmente distrazione dai loro pensieri tristi e, in una certa misura, portano con sé parte della cultura di provenienza mescolandola alla cultura più o meno internazionale da essi vissuta. Allo stesso modo, è plausibile che gli abitanti di una regione non particolarmente individualizzata non notino così facilmente le differenze. Soprattutto chi si trasferisce da una città all’altra si ritrova facilmente, ma la montagna e la pianura posseggono valori così distanti che il senso di estraneità è opprimente. Dunque, se il nostalgico ne è capace, cerca di annientare la nostalgia dedicandosi a piaceri più frastornanti ed elettrizzanti; se non ne è capace, incendia una casa o, in caso di necessità, uccide qualcuno: in breve, ciò di cui ha bisogno è un sollievo esplosivo. Tali eventi sono così numerosi che dovrebbero ricevere opportuna attenzione. Dovremmo prendere in considerazione il fattore nostalgia ogni volta che non è dato trovare un movente più appropriato per la violenza e il sospettato è una persona che esibisce le caratteristiche sopra menzionate. D’altra parte, se si scopre che il sospettato è davvero affetto da nostalgia, da una nostalgia struggente per i consanguinei, si dispone di un indizio della sua criminalità. Di norma, individui così pietosi e infelici sono così poco propensi a negare il reato da essi commesso che la loro sofferenza non aumenta percettibilmente a causa dell’arresto. Oltre a ciò, il procedimento legale a cui sono sottoposti è uno stimolo non indesiderato, nuovo e potente per essi.

Quando questi nostalgici confessano il misfatto da essi compiuto, non ne confessano mai, per quanto ne so, il movente. A quanto pare, non li conoscono e quindi non riescono a spiegare il loro gesto. Di norma, li si sente dire: «Non so perché l’ho fatto. Sono stato costretto a farlo». Quando tutto ciò comincia a essere anormale, deve deciderlo il medico, che deve sempre essere consultato quando la nostalgia è la causa di un crimine. Ovviamente, non è impossibile che un criminale, per suscitare pietà, spieghi il suo crimine come conseguenza di una nostalgia insormontabile, ma ciò non è mai vero perché, come abbiamo dimostrato, chi agisce per nostalgia non ne è consapevole e non è in grado di riferirlo.

Se tutto ciò è vero della nostalgia, è lecito supporre che uguali reazioni violente siano possibili in risposta ad altri stati d’animo demoralizzanti. Mi riferisco in particolare alla noia.

La cronaca ci restituisce continuamente episodi in cui azioni aggressive e brutali vengono compiute da individui tediati, come nel caso dell’omicidio recente di Sharon Verzeni, uccisa appunto “per noia” da Moussa Sangare, un trentunenne alla ricerca di emozioni forti.

Per quanto possa sembrare paradossale, anche stati d’animo “accidiosi” come la noia e la nostalgia generano azioni violente e brutali. Forse Gross esagerava. Forse la nostalgia non è così pericolosa come pensava. O forse l’essere umano è da temere sempre. Anche quando sembra malinconico e depresso.

Riferimento

Hans Gross, 1918, Criminal Psychology. A Manual for Judges, Practitioners, and Students, Little, Brown, and Company, Boston. Section 17. (4) “Nostalgia”.

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