Nel mio libro 111 errori di traduzione che hanno cambiato il mondo mi soffermo su parole come busillis, nate probabilmente da un equivoco linguistico. In inglese una parola che sembra condividere la stessa origine di busillis è mumpsimus, termine che sicuramente tanti anglofoni non conoscono, ma che ha un significato e una genesi molto interessanti.
Cominciamo dal significato. Il termine viene usato per indicare: a) un’opinione testardamente sostenuta a dispetto del fatto che sia sbagliata, oppure b) una persona che sostiene testardamente un’opinione a dispetto del fatto che sia sbagliata. Un’osservazione che mi viene da fare è che forse non abbiamo in italiano una parola per indicare lo stesso concetto.
Ancora più interessante è l’origine del termine. Secondo il sito World Wide Words, che cita come fonte un testo del diplomatico Richard Pace (1482 – 1536) del 1517, poi decano della cattedrale di St. Paul a Londra, una volta un monaco medievale, che o non conosceva il latino eucaristico o l’aveva appreso male, lesse erroneamente durante la messa (o forse le parole erano state trascritte erroneamente) la frase “quod in ore sumpsimus” (letteralmente “che riceviamo in bocca”) riportandola come “quod in ore mumpsimus”, che però non ha alcun significato.
Ciò di per sé non sarebbe nemmeno molto degno di nota. A tutti noi capita di sbagliare. Ma la storia di Richard Pace, che però secondo alcuni risalirebbe addirittura a Erasmo, continua segnalando che, sebbene qualcuno avesse fornito al monaco la versione corretta della frase, questi, per tutta risposta, disse che, dal momento che aveva usato quell’espressione per quaranta anni, non aveva nessuna intenzione di correggerla (le parole esatte furono: “Non cambierò il mio vecchio mumpsimus con il vostro nuovo sumpsimus”) e così persistette nell’errore fino alla morte.
Di qui, il termine mumpsimus cominciò a essere adoperato nel senso di qualcuno che persevera ostinatamente nell’errore nonostante sappia che è in errore. La sua prima attestazione risale al libro di William Tyndale, primo traduttore della Bibbia in inglese, The Practice of Prelates del 1530. La parola ricevette una sorta di imprimatur reale nel 1545, quando Enrico VIII la usò in una frase che gli storici ci hanno tramandato: “Some be too stiff in their old mumpsimus, others be too busy and curious in their sumpsimus” (“Alcuni sono troppo rigidi nei loro vecchi mumpsimus, altri sono troppo affaccendati e curiosi nei loro sumpsimus”).
Il destino di mumpsimus ha un che di beffardo: nato da un errore perseverato a dispetto di tutto e tutti, la parola è perdurata nel tempo fino a giungere a noi che continuiamo testardamente ad adoperarla (almeno chi parla inglese) nonostante siamo perfettamente consapevoli della sua genesi erronea. Se non è testardaggine questa!