Ognuno di noi è stato ammonito in questo modo durante l’infanzia. Non gradivamo quella roba verde che si chiama verdura? Odiavamo legumi, pesce e frutta? La frittata della zia proprio non ci andava giù? “Mangia che i bambini muoiono di fame in Africa (o in qualche altro luogo abbastanza remoto da suscitare riverenza, angoscia e sospensione del dubbio)”. Qualcuno di noi è cresciuto con l’incubo dei bambini poveri afflitti da inedia perenne. Tutti quei nostri coetanei sparsi nel mondo in attesa che mandassimo giù quel boccone indesiderato! Una conferma, se volete, dell’idea infantile che il mondo gira intorno a noi: basta compiere un gesto ed esso avrà ripercussioni su tutto il pianeta. Così, se sorrideremo sempre, mamma e papà non divorzieranno. Se saremo generosi con l’amichetto e gli doneremo il nostro orsetto preferito, quello crescerà sano e generoso a sua volta e l’umanità intera ci ringrazierà. Se accetteremo il regalo rivoltante della vecchia nonna sdentata, questa vivrà fino a cento anni.
Il problema è che questa celebre strategia retorica adoperata dai genitori per invogliare i figli piccoli a mangiare – ormai divenuta un luogo comune dell’arsenale verbale degli adulti disperati – è sbagliata da almeno tre punti di vista.
Innanzitutto, è sbagliata dal punto di vista pedagogico, in quanto induce un senso di colpa per una situazione – la fame nel mondo, ma anche le scelte iperconsumistiche delle società dell’abbondanza che si trovano in Occidente – di cui il bambino/la bambina non è affatto responsabile. Non è ingoiando quel boccone rivoltante che i bambini del continente nero – come veniva chiamata l’Africa con un termine politicamente scorretto – risolveranno improvvisamente il problema dei propri bisogni primari.
I genitori sanno che la loro argomentazione fa acqua da tutte le parti, ma si aggrappano al valore patetico, emotivo, sconvolgente della formula. Cosa sbagliatissima pedagogicamente perché i bambini che rispondono positivamente a questi appelli imparano a cedere alle retoriche emotive più che alla voce della ragione. E si sa che demagoghi e populisti amano rivolgersi ai loro proseliti usando argomentazioni che fanno leva sul pathos: “Votate per me e nessun migrante stuprerà più le vostre donne o ruberà i vostri posti di lavoro!”. Come se violenza sulle donne e disoccupazione dipendessero dalle migrazioni planetarie.
Un altro errore consiste nel fatto che chi usa spesso questa formula motiva il bambino/la bambina con “ricompense” estrinseche piuttosto che intrinseche. Invocare regolarmente i bambini che muoiono nel mondo piuttosto che le proprietà degli alimenti che si mangiano fa sì che il bambino/la bambina si abitui ad agire in base a motivazioni estrinseche (studiare per fare piacere a mamma e papà; lavorare solo per lo stipendio a fine mese ecc.) e agire in base a motivazioni estrinseche vuol dire non diventare mai pienamente adulto. È vero che i bambini piccoli sono più motivati estrinsecamente che intrinsecamente, ma l’uso sistematico di questo tipo di leve motivazionali, anche in età successive, può avere conseguenze evolutive non auspicabili.
L’ammonimento “Mangia tutto quello che hai nel piatto…” è sbagliato anche dal punto di vista logico. L’errore logico si chiama “errore della conclusione sbagliata” e si può riassumere nella formula: l’azione non porta alla soluzione del problema. Come accennato in precedenza, mangiare tutto quello che si ha nel piatto non risolve il problema della fame in Africa. Detto altrimenti: per quale motivo se il bambino/la bambina non mangia, i bambini africani dovrebbero morire? Un bambino/una bambina sveglio/sveglia potrebbe perfino ribattere con un “Ma se ad avere fame sono i bambini africani, perché non inviti a pranzo loro?” oppure far notare che anche il contrario potrebbe essere vero: “Mandiamo quello che dovrei mangiare in Africa dove tanti bambini muoiono di fame”. Ma anche questa soluzione non risolverebbe ovviamente il problema della fame in Africa.
Da un punto di visto logico, questo errore presenta molte affinità con la cosiddetta Ignoratio elenchi o fallacia della conclusione irrilevante, un tipo di fallacia che consiste nel presentare un argomento a sostegno di una tesi completamente fuori traccia. Si tratta di una fallacia molto diffusa, ampiamente utilizzata da pubblicitari, politici, persuasori in genere. In ambito religioso, ad esempio, un cristiano convinto di dimostrare che gli insegnamenti della sua religione sono veri, può rimarcarne gli effetti benefici su molte persone, creando un’atmosfera positiva a sostegno della sua argomentazione. Naturalmente, il fatto che la religione cristiana sia di conforto e sollievo per molti non dimostra che sia logicamente vera. Eppure, questa strategia risulta efficace in molte situazioni.
“Mangia tutto quello che hai nel piatto che i bambini muoiono di fame in Africa” è un disastro pedagogico, un cortocircuito logico, una meschina strategia retorica. In altre parole, un luogo comune da evitare assolutamente.
Riferimenti:
Heinrichs, J., 2023, Mi hai convinto. Come Aristotele, Homer Simpson e Barack Obama possono insegnarti ad avere (sempre) ragione, Mondadori, Milano, pp. 223-224.