Alcune invenzioni psichiatriche del XIX secolo hanno avuto un destino diverso. Si pensi alla cleptomania e all’oniomania. Della prima, inventata nel 1840 dal medico francese Marc, e da intendere come un disturbo compulsivo e irresistibile che spinge chi ne è affetto a rubare, pur in assenza di necessità, si è parlato e si parla con continuità e il disturbo ha avuto anche l’onore di essere inserito nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), la bibbia degli psichiatri di tutto il mondo. La cleptomania è, dunque, ufficialmente riconosciuta come disturbo psichiatrico per il quale prescrivere cure e terapie.
Discorso diverso per l’oniomania che molti non hanno mai neppure sentito nominare e che non è stata inserita nel DSM, almeno come disturbo a sé stante.
Il termine “oniomania” fu coniato dallo psichiatra tedesco Emil Kraepelin, nel suo Psychiatrie, alla fine dell’Ottocento per designare un impulso morboso a fare acquisti inutili.
Così ne parla lo psichiatra svizzero Eugen Bleuler nel suo Lehrbuch der Psychiatrie:
Come ultima categoria, Kraepelin cita i maniaci dell’acquisto (oniomaniaci) in cui perfino l’acquisto diventa una compulsione e porta a una insensata contrazione di debiti con continui ritardi nei pagamenti fino a che una catastrofe non risolve un po’ la situazione, ma solo un poco, mai del tutto, perché essi non riconoscono mai tutti i loro debiti. […] Il fattore principale è l’impulsività; essi non riescono a farne a meno, il che talvolta si manifesta nel fatto che, nonostante una buona intelligenza scolastica, i pazienti non sono assolutamente in grado di pensare in modo diverso e di concepire le conseguenze insensate del loro comportamento e la possibilità di non cedervi.
Sia Kraepelin sia Bleuler consideravano “la mania dell’acquisto” un esempio di impulso reattivo o di follia impulsiva e lo affiancavano a concetti come cleptomania e piromania. È probabile che essi abbiano subito l’influenza dello psichiatra francese Jean Esquirol che aveva coniato il termine “monomania” per descrivere individui per il resto normali che avevano una qualche forma di pensiero patologico.
Perché cleptomania e oniomania hanno avuto sorte diversa? Secondo alcuni psichiatri ciò dipende dal fatto che l’oniomania sarebbe un fenomeno statisticamente raro. Ma lo stesso è vero della cleptomania. In realtà, credo che lo stato scientificamente ambiguo dello “shopping compulsivo”, come viene definito oggi, derivi dal fatto che il consumo è la pietra miliare della nostra società e che stigmatizzare l’atto dell’acquisto, seppure definito “compulsivo”, equivalga a un atto di accusa nei confronti della nostra stessa società. Del resto, siamo continuamente sollecitati a comprare merci e le menzogne della pubblicità sono “perdonate” perché svolgono una funzione socialmente produttiva. E poi non è facile distinguere tra acquisti eccessivi, compulsivi e rispondenti a bisogni. Chi può davvero dire che acquistare dieci borse invece che una sia indice di una patologia? Se posso permettermelo sono malato? O è malato solo chi non può permetterselo? A Natale si è tutti oniomani o le manie d’acquisto natalizie o in tempi di saldi sono un’eccezione?
Comportamenti come la cleptomania, la piromania o il gioco d’azzardo patologico sono invece comportamenti disfunzionali a una società basata sul consumo e, per questo, oggetto di stigma sociale e scientifico.
Ciò non toglie che in un futuro prossimo anche lo shopping compulsivo sia inserito nel DSM. Del resto, inventare nuovi disturbi è produttivo perché significa nuove diagnosi, nuove cure, nuove terapie e psicoterapie. Un “indotto” spaventoso che spazzerebbe via ogni remora scientifica. Vedremo.
Nel frattempo, vi auguro un 2018 all’insegna della libera scelta e dell’abbandono di ogni mania compulsiva.