Mi capita spesso di sentirmi dire: Che male fanno le superstizioni? Che c’è di male nel credere che, con un determinato amuleto in tasca, la mia vita andrà meglio? Se, maneggiando un ferro di cavallo, riduco la tensione che mi affligge, perché qualcuno dovrebbe criticare questa mia condotta? L’innocuità delle pratiche superstiziose è un argomento spesso adoperato da chi le difende. Ma è davvero così? È vero che, almeno, credere in una superstizione “non fa male”? Che, seppure del tutto irrazionali e prive di fondamento, le credenze superstiziose non producono alcun danno?
Risponde a questo luogo comune il grande Isaac Asimov in un intervento su «The Humanist» del 1989, dal titolo “The Never Ending Fight” che qui propongo come perla di saggezza.
Buona lettura!
Il combattimento infinito
Isaac Asimov
Sono stato di recente intervistato in televisione e, nel rispondere alle domande, mi sono trovato a manifestare il mio disprezzo per le varie credenze superstiziose che affliggono l’umanità.
L’intervistatore mi ha chiesto: «Ma dal momento che, per sua stessa ammissione, la maggioranza delle persone crede in queste cose e vi trova sollievo e conforto, perché vuole privarle di esse?».
Ho risposto meglio che potevo nel breve tempo a mia disposizione davanti alla telecamera. Ma qui, avendo a disposizione più spazio, posso offrire una risposta migliore. Ecco, in sostanza, ciò che ho detto.
Vi sono due ragioni. In primo luogo, ho il compito di farlo, il compito di evidenziare la futilità delle superstizioni. Tutti sono perfettamente disposti a credere ai teisti quando dicono che hanno il compito di predicare la loro versione del mondo di Dio e ad accordare loro umilmente e cordialmente rispetto per il fatto di avere tale nobile missione. Perché, dunque, dovrei essere oggetto di riprovazione perché mi attribuisco il compito di predicare la mia versione del mondo della ragione?
Ho una mia idea di che cosa voglia dire essere razionali e vedere l’universo con uno sguardo limpido. A differenza dei teisti, non brandisco la minaccia delle pene dell’inferno se qualcuno rifiuta di sottoscrivere ogni mia parola; né provo a corromperlo con la promessa della felicità eterna se accoglierà come vera ogni mia sillaba. Al contrario, predico un universo in cui non vi sono né minacce né corruzione, ma solo il tentativo di comprendere le cose per amore della conoscenza.
A differenza dei teisti, non pretendo di avere una via di accesso privilegiata al soprannaturale. Non pretendo di possedere la verità assoluta e risposte eterne a ogni problema passato, presente e futuro. Ciò che offro, invece, è una mente umana fallibile che si impegna al meglio delle sue capacità per affinare il suo sguardo di generazione in generazione.
E ciò che chiedo è semplicemente che mi venga data la possibilità di esprimere questa mia posizione, alquanto modesta e umile, senza essere intralciato.
In secondo luogo, non significa difendere le superstizioni e le pseudoscienze affermare che esse recano sollievo e conforto agli individui e che, dunque, noi “elitisti” non dovremmo avere la pretesa di saperne di più e privare i meno raffinati di tali credenze.
Se sollievo e conforto sono i criteri tramite cui giudichiamo il valore di qualcosa, allora dovremmo riflettere sul fatto che il tabacco reca sollievo e conforto ai fumatori; l’alcol a chi beve; le droghe ai drogati; la distribuzione delle carte e la corsa dei cavalli ai giocatori d’azzardo; la violenza ai sociopatici. Se adottassimo sollievo e conforto come unici metri di giudizio, non dovremmo avere da ridire su nessun tipo di comportamento.
Certo, è evidente che tutte queste condotte nuocciono a chi le mette in pratica, ma si potrebbe obiettare che se alcune persone traggono piacere da qualcosa che le danneggia, tuttavia, si tratta del loro corpo, della loro scelta, della loro salute e della loro vita che possono gestire a loro piacimento. Chi siamo noi per fare la parte del “grande fratello” e imporre la nostra idea di uno stile di vita superiore ad altri contro la loro volontà?
Questa obiezione sarebbe accettabile se fossero a repentaglio esclusivamente il corpo, la salute e la vita di chi si dedica a queste condotte e di nessun altro. Ma se il fumo del fumatore danneggia i polmoni dei non fumatori costretti a inalare le sue esalazioni? Se chi beve investe e uccide un’altra persona? Se il drogato induce in altri la sua dipendenza? Se il sociopatico trae piacere recando danno ad altri?
In genere, la società impone un certo tipo di controllo su queste pratiche nocive, se ciò è possibile entro limiti umani.
Ma, in questo caso, perché non dovremmo preoccuparci seriamente degli effetti nocivi delle superstizioni? Spesso coloro che credono che le malattie possano essere prevenute e curate con metodi magici non si rivolgono a metodi razionali se non quando è troppo tardi. Coloro che credono che i disastri siano opera di forze soprannaturali imperscrutabili non si applicano a individuare metodi razionali per prevenirli. Coloro che credono che l’umanità sia sotto il controllo benevolo di forze soprannaturali che risolveranno tutti i nostri problemi se solo “abbiamo fede” non cercano soluzioni naturali a quei problemi.
Viviamo in un’epoca in cui la sovrappopolazione, l’inquinamento, l’effetto serra, l’assottigliamento dello strato dell’ozono, il deterioramento dell’ambiente, la distruzione delle foreste e della natura e i rischi della moltiplicazione degli armamenti nucleari minacciano la distruzione della civiltà e il peggioramento radicale della vivibilità sulla terra. Se le uniche nostre risposte a tutto ciò consistono nell’affidarci superstiziosamente a qualcosa di esterno a noi per risolvere tutti questi problemi, la distruzione sarà presto un fatto certo.
Sì, avremo sollievo e conforto fino a quando verremo distrutti, e potremmo consolarci con l’idea che ci ritroveremo tutti in un mondo migliore di questo. Dopo tutto, la stessa Bibbia predice la distruzione di questo mondo. Ma quanti credono davvero a tale predizione, anche tra quanti affermano di crederci?