Le riflessioni oziose di Bertrand Russell sulle comete

Per quale motivo le comete non esercitano più fascino su di noi? Come mai questo evento celeste da cui gli antichi traevano auspici e timori sul loro futuro ci trova indifferenti e apatici? Perché la loro apparizione, che un tempo suscitava apprensioni, destabilizzava regni e dettava giudizi morali sulle sorti dell’umanità, è ridotta oggi a circostanza perfino immeritevole di menzione nelle conversazioni quotidiane?

La risposta per Bertrand Russell (1872-1970), longevo filosofo inglese, uno dei più influenti sulla cultura mondiale del XX secolo, è semplicemente… l’illuminazione artificiale. Non il progresso della ragione, non il tramonto dei pensieri superstiziosi caratteristici dei secoli bui del passato, ma una (apparentemente) banale invenzione della contemporaneità, che ha avuto il merito non solo di rischiarare le nostre esistenze quando il sole non c’è più, ma anche di oscurare la volta celeste durante la notte, impedendoci di proiettare su di essa paure, speranze, credenze, aspettative e convinzioni e di attribuire a stelle e altri corpi dello spazio significati ordinari e straordinari, capaci di incidere sulle nostre vite.

Nei nostri centri urbani, perennemente illuminati, dove il buio è percepito non come normale alternanza alla luce del giorno, ma come minaccia potenziale, fiancheggiatrice di ladri e assassini, i “misteri” celesti non hanno ormai più nulla di misterioso, tranne forse per chi si ostina a credere all’astrologia e alle sue pseudoscienze sorelle.

Il fascino delle cose – sembra dirci Russell nelle sue brevi riflessioni sulle comete, qui di seguito tradotte – deriva anche dalla loro precaria visibilità, dal loro apparire e sparire, dal loro imporsi improvviso alla nostra vista. Ed è, paradossalmente, la luce (artificiale) a renderci ciechi, a sabotare la nostra meraviglia, a rendere invisibile all’occhio nudo il nucleo delle comete, le loro chiome (sorta di nebulosità luminosa che le circonda), lo strascico luminoso, a volte lunghissimo, che forma la loro coda, quando si avvicinano al Sole.

Certo, binocoli, telescopi, cannocchiali ci consentono di vedere cose che lo sguardo umano sarebbe raramente in grado di cogliere. La scienza e i progressi della tecnica hanno sicuramente potenziato la nostra capacità di vedere. Ma ciò ci introduce a un fascino diverso, una forma diversa di stupore, che non ha niente a che fare con la seduzione portentosa che i corpi celesti esercitavano sui nostri avi.

Viviamo ormai in un mondo diverso da quello in cui vivevano Cesare, Vespasiano, John Knox e Increase Mather, per citare alcuni nomi menzionati da Russell nei suoi pensieri oziosi sulle comete. Dobbiamo fare i conti con il fatto che il passato è una terra straniera in cui cose per noi indifferenti o quasi destavano stupore e meraviglia nei suoi abitanti. Un po’ come – per usare una metafora evolutiva – le cose che ci facevano esclamare “oh!” quando eravamo bambini sono appena degnate di uno sguardo di sufficienza da adulti.

L’homo faber ha inesorabilmente trasformato il mondo come mai in precedenza. I vantaggi di tale trasformazione sono immensi. Ma forse abbiamo anche perso qualcosa: qualcosa che, nel passato, ci faceva rimanere a bocca aperta e che oggi ci fa sbadigliare.

Sulle comete

Bertrand Russell


Se fossi una cometa, giudicherei gli uomini dell’epoca attuale una razza di degenerati.

Nei tempi antichi, il rispetto per le comete era universale e profondo. Una di esse preconizzò la morte di Cesare; un’altra, a quanto pare, presagì la prossima scomparsa dell’imperatore Vespasiano. Questi era un tipo determinato e sosteneva che la cometa doveva essere latrice di un significato diverso, dal momento che era dotata di chioma, mentre lui era calvo; ma erano in pochi a condividere il suo razionalismo estremo.

Il Venerabile Beda affermava che “le comete preannunciavano rivoluzioni di reami, pestilenze, guerre, tempeste o terribili canicole”. John Knox considerava le comete come prove della collera divina e altri protestanti scozzesi vedevano in esse “un avvertimento al Re affinché sterminasse i papisti”. L’America, e in particolare il New England, dedicarono alle comete una buona dose di attenzione.

Nel 1652, una cometa apparve proprio quando l’insigne sig. Cotton si ammalò, e scomparve quando morì. Appena dieci anni dopo, i malvagi abitanti di Boston furono messi in guardia da una cometa affinché si astenessero dalla “voluttuosità e dall’offesa delle buone creature di Dio attraverso l’abuso di alcolici e la ricercatezza nel vestire”.

Increase Mather, l’illustre teologo, era dell’opinione che le comete e le eclissi avevano annunciato la morte dei Presidenti di Harvard e dei Governatori della colonia, e istruì il suo gregge a pregare il Signore affinché “non portasse vie la stelle e le sostituisse con le comete”.

Questa superstizione venne gradualmente dissolvendosi grazie a Halley, il quale aveva scoperto che almeno una cometa aveva girato intorno al sole seguendo un’ellisse prestabilita, come un normale pianeta, e a Newton, il quale dimostrò che le comete obbediscono alla legge di gravità. Per qualche tempo, ai professori delle università più all’antica fu proibito di accennare a queste scoperte, ma, a lungo andare, non fu più possibile celare la verità.

Al giorno d’oggi, è quasi impossibile immaginare un mondo in cui le persone, di alta o bassa condizione sociale, di buona istruzione o ignoranti, si occupino di comete e siano terrorizzate dal loro apparire.

La maggior parte di noi non ha mai visto una cometa. Io ne ho viste due, ma ne sono rimasto molto meno turbato di quanto avessi creduto.

La causa del nostro mutato atteggiamento non è semplicemente il razionalismo, ma l’illuminazione artificiale. Nelle strade delle città moderne, il cielo notturno è invisibile; nei distretti rurali, ci spostiamo in automobili munite di fari potenti. Abbiamo cancellato la volta celeste, e solo qualche scienziato si interessa ancora di stelle e pianeti, meteoriti e comete.

Il mondo della vita quotidiana è opera dell’uomo in una misura inimmaginabile in epoche precedenti. In questo modo, abbiamo sia perso sia guadagnato qualcosa: l’uomo, sicuro del suo potere, sta diventano volgare, arrogante e un po’ insensato. Ma non credo che una cometa produrrebbe oggi quell’effetto morale salutare che produsse a Boston nel 1662; oggi avremmo bisogno di un rimedio più efficace.

da In Praise of Idleness and Other Essays (1935)

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