Niente concilia il sonno meglio di una omelia in chiesa. Questo lo sanno tutti i credenti che ogni domenica affollano (si fa per dire) i loro luoghi di culto sperando che il sacerdote non la tiri per le lunghe come la domenica precedente. Anche perché c’è il pranzo, la partita e va bene il masochismo religioso – ho l’impressione che la maggior parte dei credenti interpreti la noia provata durante il sermone come una forma di penitenza purificatrice. Come dire: la noia è il prezzo che dobbiamo pagare per la salvezza dell’anima – ma a tutto c’è un limite.
Quello che la maggioranza dei credenti non sa è che la stessa Bibbia è consapevole della tediosità delle omelie. Negli Atti degli Apostoli 20, 7-12 – versetti che non mi risulta siano mai stati pronunciati in chiesa – troviamo un curioso brano che vale la pena riferire per intero:
Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a mezzanotte. Nella sala di sopra, dov’eravamo riuniti, c’erano molte lampade; un giovane di nome Eutico, che stava seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo, poiché Paolo tirava in lungo il suo dire; egli, sopraffatto dal sonno, precipitò giù dal terzo piano, e venne raccolto morto. Ma Paolo scese, si gettò su di lui e, abbracciatolo, disse: «Non vi turbate, perché la sua anima è in lui». Poi risalì, spezzò il pane e prese cibo; e dopo aver ragionato lungamente sino all’alba, partì. Il giovane fu ricondotto vivo, ed essi ne furono oltremodo consolati.
Da queste parole, si vede che la noia delle omelie può causare perfino la morte. Letteralmente.
Se pensate che tutto questo sia una strana digressione biblica (come ce ne sono tante nel Libro dei Libri), ricredetevi. Come si è ricreduto papa Francesco il quale, nel giugno 2015, in San Giovanni in Laterano, a proposito di omelie, ha detto ai partecipanti al terzo ritiro mondiale del clero: «Le persone non sopportano più di otto minuti, poi si disconnettono, e vogliono si parli al cuore».
Capito? Otto minuti. Ed è già troppo!
Ma dopo la Bibbia e prima di papa Francesco lo sapeva anche quel mattacchione di Jonathan Swift che, nel 1776, pubblicò A Sermon upon Sleeping in Church (Una predica sul dormire in chiesa), di recente tradotto in italiano dal Centro editoriale dehoniano. Una riflessione tra il serio e il faceto su chi russa in chiesa.
Leggetelo.
Non farete la fine di Eutico.