Nel folklore napoletano, l’“assistito” è una persona creduta in grado di comunicare con gli spiriti e di trarre da questa comunicazione i numeri vincenti al lotto. Tale facoltà, acquisita sin dall’adolescenza, fa dell’assistito una sorte di santone, riconoscibile spesso anche dalla maniera eccentrica in cui veste, dal modo sibillino di parlare, dal fisico magro e smunto, come di chi, dal privilegio di dialogare con l’aldilà, vedesse prosciugate le proprie energie.
Naturalmente, l’assistito è una costruzione sociale e antropologica della tradizione napoletana e non è dotato di alcun potere reale. A dispetto di ogni fallimento, però, il popolo credeva pervicacemente nei suoi poteri e si affidava interamente a lui, come a un santo o a un altro personaggio religioso. Come riusciva allora l’assistito a conservare i suoi poteri agli occhi dei napoletani? Come facevano questi a continuare a credere in lui, nonostante i numeri indicati non uscissero?
La risposta a questi quesiti sta in alcune caratteristiche culturali e in alcune “tecniche” adoperate, consapevolmente o inconsapevolmente, dall’assistito.
Innanzitutto, un principio che governa l’agire dell’assistito è che egli non può mai trarre dai morti numeri che possano servire ad arricchirsi. In altre parole, il potere divinatorio è utilizzabile solo dagli altri. Questa regola, come osserva l’antropologo Domenico Scafoglio, «lo preserva da una critica che attenterebbe gravemente alla sua attendibilità, quella di non essere capace di vincere egli stesso ed arricchirsi, tanto più che spesso gli assistiti non nuotano nell’oro, ed alcuni di essi sono poco più che dei questuanti al limite della sopravvivenza». A rifletterci, questa è una delle obiezioni che solleviamo a chi, ancora oggi, ci invita a consegnare dei soldi in cambio di una scommessa vincente. Da questa obiezione, come abbiamo visto, l’assistito era esentato.
Un accorgimento molto astuto, proprio anche di molti presunti veggenti e indovini contemporanei, è che «l’assistito di solito non dà numeri, ma dice poche parole, quasi lasciate cadere per caso, o una frase sibillina, contenente una «figura» che il giocatore deve avere l’abilità di cogliere e interpretare: se il numero non esce, è perché il giocatore non ha inteso bene il significato di quelle parole, o «non ha saputo pigliare» i numeri». Questa tecnica permette di imputare sempre all’altro il fallimento dei numeri e di preservare, ancora una volta, la bontà dei poteri dell’assistito. Incidentalmente, è per questo stesso motivo che un testo come la Smorfia continua ad essere popolare oggi e non viene mai messo in dubbio: «se i numeri non escono nel sorteggio – come normalmente accade – l’errore viene imputato al giocatore, che non ha saputo leggere bene nel libro e fare le scelte giuste». Ogni numero della Smorfia, infatti, rimanda a più significati e tocca a chi gioca al lotto centrare la combinazione giusta.
Ancora, «l’assistito per volontà superiore è tenuto – pena la sospensione dell’assistenza – a dare una quantità molto limitata di numeri: questo accresce il suo potere (specificamente, il potere di scelta), ma al tempo stesso la credenza funziona come una difesa del santone dalle richieste della gente e dai rischi ad esse connessi, ed è accettata in nome di uno scontato buon senso, dal momento che è inconcepibile che tutti possano sempre vincere e arricchirsi d’un colpo; […] In tal modo peraltro l’assistito può tranquillamente rifiutare o dare i numeri a suo piacimento».
Infine, «l’assistito dà numeri ogni volta diversi, in modo da aumentare le probabilità che essi escano ed egli possa attribuirsene il merito». Non solo. Ma i numeri offerti non fanno riferimento necessariamente alla estrazione immediatamente seguente. Essi potrebbero, cioè, applicarsi ad estrazioni successive alla profezia, anche a distanza di mesi. Questa divinazione differita è evidentemente funzionale ad aumentare le probabilità di uscita dei numeri. Come osserva Scafoglio, «i numeri dati dall’assistito vanno giocati più volte – è un’altra regola fondamentale – perché prima o poi usciranno».
In virtù di tali principi e accorgimenti, il sistema divinatorio dell’assistito «resiste al logoramento delle contraddizioni empiriche, perché evidentemente i suoi scopi vanno al di là dei risultati materiali del gioco». Ed è in virtù di principi e accorgimenti più o meno simili che chiromanti, sensitivi e indovini odierni riescono a resistere alle verifiche della realtà. Credenze nel soprannaturale e “regole del gioco” contribuiscono a preservare le loro presunte doti trascendenti a dispetto di ogni fallimento. E i creduloni abboccano perpetuamente all’amo.
Fonte: Scafoglio, D., 1995, Il gioco del lotto a Napoli, Newton Compton Editore, Roma.