L’aberrazione del dio tifoso

In due post precedenti (questo e questo), avevo osservato e stigmatizzato la tendenza di molti sportivi a invocare l’intervento della divinità per propiziare il successo nelle proprie prestazioni. Trovavo aberrante – pur essendo ateo – che un dio fosse ridotto alla stregua di un capotifoso pronto a tutto pur di favorire la propria squadra.

Mi domandavo: “Perché la divinità dovrebbe favorire il calciatore della squadra A piuttosto che quello della squadra B? Perché dovrebbe privilegiare la vittoria di una a scapito dell’altra? Perché, in sostanza, dovrebbe “fare il tifoso”?”.

Mi sono posto le stesse domande leggendo l’articolo della «Gazzetta dello sport» che riporto qui sopra. Perché dio – chiunque egli/ella/esso sia – dovrebbe favorire la squadra di Calhanoglu rispetto a quella del Milan? In che senso, dio avrebbe fatto un regalo al calciatore turco dell’Inter, che, fra l’altro si definisce un credente?

Le spiegazioni possibili sono due, a mio avviso. O Calhanoglu, come tanti altri calciatori, è talmente ingenuo e sprovveduto da credere che la divinità, per qualche strano motivo, non abbia di meglio da fare che parteggiare per una squadra a scapito di un’altra o – e opto per questa seconda ipotesi – il richiamo al nume divino è un modo per legittimare la vittoria della propria squadra, una sorta di inconsapevole (per lo più) strategia retorica per accreditare ulteriormente i propri successi, come accade da sempre, peraltro, nel mondo della politica quando si dice che “dio è con noi”.

La dichiarazione di Calhanoglu, dunque, non sarebbe molto dissimile da un Deus nobiscum (grido di battaglia romano), da un Deus lo volt (grido di battaglia di Pietro l’Eremita per arruolare crociati) o da un Gott mit uns (motto degli Imperatori tedeschi e del Terzo Reich nazista) trasposti in ambito calcistico.

Attribuendo il merito della vittoria a una divinità, i calciatori, come gli antichi condottieri, convocano la medesima a testimone e garante dei propri successi (reali o auspicati), attribuendo alle loro vittorie un significato religioso che le rende ancora più prestigiose.

Furbi questi calciatori! Se non fosse che nemmeno loro, probabilmente, sono consapevoli di usare strumentalmente dio per i propri scopi di parte.

Per chi volesse saperne di più sul tema, raccomando il mio Hanno visto tutti. Nella mente del tifoso, Meltemi Editore.

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