Molti autori, alcuni insospettabili, hanno tessuto l’elogio della prostituzione, riconoscendo che essa assolve una serie di “importanti” funzioni sociali. Tra i primi elogiatori troviamo addirittura due santi della Chiesa: Agostino d’Ippona (354-430) e Tommaso d’Acquino (1225-1274). Il primo, noto paradossalmente per le sue tesi antisessuali, ma convinto che la lussuria insoddisfatta fosse più dannosa della fornicazione, dichiarò nel De Ordine: «Che cosa di più sconcio, di più vuoto di dignità, di più colmo d’oscenità delle meretrici, dei ruffiani e simile genia? Eppure togli via le meretrici dalla vita umana e guasterai tutto col malcostume». Nel XIII secolo, Tommaso d’Aquino, destinato a diventare il più importante teologo del Medioevo, fu autore di una citatissima glossa che, per molti secoli, orientò le politiche degli amministratori delle città: «La donna pubblica è nella società ciò che la sentina è in mare, e la cloaca nel palazzo. Togli la cloaca, e l’intero palazzo ne sarà infettato». Questa glossa fu fatta propria da governanti e teologi a salvaguardia dell’istituto del matrimonio e, dunque, della famiglia. Il ricorso alla prostituzione permetteva, infatti, all’uomo di non “insozzare” la santità del focolare domestico con la lordura della lussuria, ma anche di non attentare alla “onestà” di altre donne. Inoltre, essa agiva da deterrente nei confronti di “crimini contro natura” come l’omosessualità, l’incesto, la sodomia e la masturbazione. Il principio della prostituzione come “male minore” fu adottato anche da pensatori per altri versi decisamente critici nei confronti della religione. Bernard Mandeville affermava ad esempio:
Se le cortigiane e le prostitute venissero perseguite con il rigore che vogliono alcuni sciocchi, quali sbarre o chiavistelli sarebbero in grado di salvare l’onore delle nostre madri e figlie? Infatti, non soltanto le donne in generale sarebbero indotte in maggiori tentazioni e il tentativo di irretire l’innocenza delle vergini apparirebbe anche ai più intemperanti più scusabile di ora; ma alcuni uomini diventerebbero violenti, e lo stupro diventerebbe un delitto comune.
Anche il filosofo francese Pierre Bayle così ragionava nei suoi Pensieri sulla cometa: «La ragione che costringe gli italiani a tollerare i luoghi di corruzione è, come è noto, il loro desiderio di evitare un male maggiore, cioè una specie di impurità ancora più esecrabile, così da proteggere l’onore delle altre donne». Chi pensasse che queste argomentazioni sono cosa del passato farebbe bene a ricredersi. Recentemente, il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato la proposta di referendum sostenuta dal centrodestra, in particolare dalla Lega, per riaprire le case chiuse. Così ha argomentato la proposta il capogruppo del Carroccio, Massimiliano Romeo:
La nostra proposta nasce dall’esigenza di abrogare una normativa che, dopo 60 anni, può considerarsi del tutto superata e inefficace. È sotto gli occhi di tutti, purtroppo, che la legge Merlin sia costantemente aggirata, basti pensare ai centri massaggi cinesi o agli annunci in internet e sui quotidiani. Per non parlare poi del far-west della prostituzione di strada, dove domina lo sfruttamento e la violenza dei racket criminali dell’est-Europa.
E, allora, per “evitare guai peggiori” si ritesse l’elogio della prostituzione. Come si vede, Agostino e Tommaso dominano ancora la nostra visione del mondo. Dal canto mio, mi sento di sottoscrivere l’opinione del sociologo Kingsley Davis, espressa nel lontano 1937: finché non vi sarà una società perfettamente libera da un punto di vista sessuale, composta da individui perfettamente uguali in termini di potere e dotati delle stesse doti fisiche ed estetiche, la prostituzione continuerà a sopravvivere. Ciò vuol dire che la prostituzione è anche la cartina di tornasole delle diseguaglianze esistenti all’interno della società. Oltre che della vitalità delle opinioni di “santi” di centinaia di anni fa.
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