La mitologia offre diverse vicende che possono essere ascritte al meccanismo della profezia che si autoavvera, termine con il quale si intende, secondo la celebre definizione di Watzlawick, “una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità”.
La più famosa è probabilmente la storia di Edipo, eroe della tragedia greca, che, diventato adulto, apprende dall’oracolo di Delfi che ucciderà il padre e si congiungerà con la madre. Per evitare la sinistra profezia, Edipo mette in atto una serie di comportamenti che lo portano prima ad uccidere il padre Laio e poi, dopo aver liberato Tebe dalla Sfinge attraverso la soluzione del famoso enigma, a divenire re della stessa e a congiungersi con la madre Giocasta. La profezia creduta si autoavvera mediante ciò che Edipo fa per non farla avverare.
Una vicenda meno nota, ma ugualmente “profetica” e “autoavverantesi”, è quella del leggendario ultimo re di Atene, Codro, figlio di Melanto, di cui parla anche lo scrittore greco Pausania, autore di Periegesi della Grecia, opera nota purtroppo per le sue grossolane inesattezze.
Il racconto della vicenda di Codro è sintetizzato dalla traduzione del seguente brano che è facile incontrare in diverse antologie a uso degli studenti liceali.
Anticamente vi fu una grande guerra tra Ateniesi e Spartani. Gli Spartani per la pesante annona, vennero in Attica, cacciarono gli abitanti e posero l’accampamento alla città. Allora gli Ateniesi mandarono ambasciatori per l’oracolo di Delfi e consultarono Apollo sull’esito della guerra. La Pizia, sacerdotessa di Apollo, fu interrogata dagli ambasciatori e così rispose: “Sarete vincitori, Ateniesi, se i nemici uccideranno il vostro re”. Per tale ragione, quando vennero in guerra, gli Spartani prima di ogni cosa raccomandarono ai loro soldati l’incolumità del re. Allora il re degli Ateniesi era Codro: quando seppe il responso del dio e i precetti dei nemici, cambiò la veste regia portando una veste pannosa e sacchi al collo, entrò nell’accampamento dei nemici. Qui intenzionalmente ferì con una falce un soldato degli Spartani e il soldato per l’ira uccise con la spada Codro. I Lacedemoni, quando riconobbero il corpo del re, memori dell’oracolo, se ne andarono senza scontro. E così il re Codro, per virtù andò incontro alla morte per la salvezza della patria e liberò dalla guerra gli Ateniesi.
Ciò che colpisce di questa storia è la passiva accettazione della profezia della Pizia da parte dei protagonisti e il fatto che essa si realizza proprio in virtù delle azioni intraprese da Codro e dagli Spartani. Il primo si fa uccidere per farla avverare; i secondi si arrendono senza nemmeno combattere, timorosi delle conseguenze soprannaturali annunciate dall’oracolo. Il primo la fa avverare, agendo; i secondi, astenendosi dall’azione. Il destino si compie per la compiacenza degli attori al verbo divino. Non sapremo mai quale avrebbe potuto essere l’esito dello scontro tra ateniesi e spartani se questi non avessero dato ascolto all’oracolo.
Quante volte cadiamo vittime di meccanismi simili nel corso della nostra vita quotidiana. Ci agitiamo perché crediamo che incontrare un gatto nero porti sfortuna e incappiamo in un incidente. Non partecipiamo a un concorso perché tanto “vincono sempre gli stessi” e, naturalmente, vincono sempre gli stessi (che partecipano). Siamo convinti che quella ragazza che ci piace tanto ci trovi antipatici e reagiamo allo stesso modo nei suoi confronti, incoraggiando la sua antipatia. E così via.
Dovremmo sempre ricordare che siamo noi, con le nostre convinzioni e atteggiamenti, a far avverare le “profezie” che ci riguardano. Non gli dei. Noi stessi.