Una delle più note formule della sociologia della devianza di stampo costruttivista recita:
i gruppi sociali creano la devianza istituendo norme la cui infrazione costituisce la devianza stessa, applicando quelle norme a determinate persone e attribuendo loro l’etichetta di outsiders. Da questo punto di vista, la devianza non è una qualità dell’atto commesso da una persona, ma piuttosto una conseguenza dell’applicazione, da parte di altri, di norme e di sanzioni nei confronti di un «colpevole». Il deviante è una persona alla quale questa etichetta è stata applicata con successo; un comportamento deviante è un comportamento che la gente etichetta come tale (Howard Becker).
Questa formula ha trovato storicamente applicazione in una miriade di contesti, alcuni dei quali insospettabili. Pensiamo al caso delle ragazze adolescenti che diventano madri. Questo tema è vissuto come una disgrazia nei paesi occidentali avanzati, tanto che quello delle teen pregnancies è diventato uno dei maggiori problemi sociali in nazioni in cui la gravidanza è un fenomeno relegato molto più avanti nella biografia individuale delle donne. Eppure, la sociologia della devianza ci dimostra che anche questo è un problema “costruito”:
[…] gli americani considerano un problema sociale la gravidanza adolescenziale. Per gli Hausa della Nigeria, dove la maggior parte delle ragazze si sposa a 12 o 13 anni, sono le giovani donne che arrivano a 20 anni senza avere avuto almeno uno o due bambini che rappresentano un problema sociale. Per i cinesi, il cui governo sta combattendo contro l’eccesso demografico attuando una vigorosa politica di contenimento familiare ad un figlio, ogni gravidanza è un problema. Se la famiglia non ha bambini, il problema è se il neonato sarà un figlio (desiderabile) o una figlia (meno desiderabile). Le bambine sono spesso abbandonate vicino agli orfanotrofi, lasciate alla pietà di stranieri in modo che i genitori possano cercare un’altra gravidanza (praticamente tutti i bambini negli orfanotrofi cinesi sono di sesso femminile o maschi gravemente handicappati). Se la famiglia ha già un bambino, la gravidanza deve essere nascosta altrimenti la madre può essere costretta ad abortire. La gravidanza in quanto tale, e non quella adolescenziale in particolare, è un problema sociale e individuale per i cinesi. E così la gravidanza degli adolescenti è un problema sociale i cui contorni sono decisamente specifici del contesto americano o comunque occidentale.
Anche qui, peraltro, etichettare il problema con le parole «gravidanza adolescenziale» può essere fuorviante. Pochi americani considerano un problema la gravidanza di una donna diciannovenne con un marito che lavora, ma questo è il profilo di molte donne comprese nelle statistiche e nelle storie sulla «crescita drammatica della gravidanza delle adolescenti». Dopo aver presentato le statistiche, [la sociologa Kristin] Luker ha concluso che l’interesse circa «i bambini che hanno bambini» ha molto più a che fare con la disapprovazione pubblica del sistema di welfare, con i pregiudizi razziali e con la preoccupazione per l’attività sessuale degli adolescenti, piuttosto che con gli effettivi cambiamenti demografici. Inoltre, l’assunto di senso comune che una maternità precoce sia causa di abbandono scolastico e di povertà per le giovani madri e per i loro bambini non è corretto; i dati che Luker esamina suggeriscono che le cose vanno diversamente (Griswold, W., 2005, Sociologia della cultura, Il Mulino, Bologna, p. 150).
Per quanto possa essere per noi spiazzante, dunque, anche la gravidanza adolescenziale è un fenomeno socialmente “edificato”. Uno dei tanti. Ne parlo nel mio libro Mancini, mongoloidi e altri mostri. Cinque casi di costruzione sociale della devianza dedicato alla discussione di cinque incredibili casi di costruzione sociale di “mostri”. In questo periodo di Halloween varrebbe forse la pena di leggerlo.