Il Suggeritore di Donato Carrisi è uno dei libri che ha riscosso maggiore successo di vendite e di consensi negli ultimi anni. Si tratta di un thriller denso di colpi di scena e svolte improvvise, più simile ai capolavori americani del genere che ai tradizionali classici italiani. Qui, però, non voglio offrire una recensione del libro, ma soffermarmi solo su poche righe che compaiono a p. 331 dell’edizione tascabile della TEA. Perché, forse per la prima volta in un giallo italiano, si parla di pareidolia. Ecco la frase che compare nel libro:
Si chiama «pareidolia» la tendenza istintiva a trovare forme familiari in immagini disordinate. Nelle nuvole, nelle costellazioni o anche nei fiocchi d’avena che galleggiano in una ciotola di latte. Nel medesimo modo, Nicla Papakidis vedeva affiorare delle cose dentro di sé. Non le definiva visioni. E poi le piaceva quella parola, pareidolia, perché – come lei – aveva origini greche.
Di pareidolia, nel libro non si parla più. Ma è comunque interessante che il termine cominci a trovare spazio nella narrativa di massa. A quando un giallo pareidolico?