Gli esseri umani hanno uno strano rapporto con il rischio. Da un lato, hanno la tendenza a sottostimare i rischi rilevanti e a sovrastimare quelli minori. Ad esempio, sottostimano il rischio di morire per un infarto e sopravvalutano il rischio di morire in un incidente aereo. Dall’altro, i mezzi di comunicazione di massa danno visibilità ai rischi che più attraggono l’attenzione del pubblico in virtù della loro spettacolarità e trascurano quelli più ordinari. Il problema è che i rischi più sensazionalistici sono spesso meno frequenti e, quindi, meno “rischiosi”.
Ciò che ne consegue è una miscela dalle conseguenze potenzialmente disastrose. Poiché i mass media danno risalto ad alcuni rischi a scapito di altri, il pubblico tende a pensare che i rischi presentati in televisione o nei giornali siano anche quelli più frequenti. In questo modo, confondono visibilità con frequenza. Ma ciò non è tutto. Le persone tenderanno anche a pensare che i rischi più spettacolari siano anche quelli più temibili, rovesciando spesso l’ordine di pericolosità degli stessi.
Ad esempio, i mezzi di informazione prediligono omicidi, tragedie e incidenti improvvisi, ma le persone muoiono mille volte di più in seguito a normali malattie, anche se nei giornali gli omicidi sono tre volte più citati. Così, sopravvalutiamo i rischi di cui parlano giornali e televisioni e sottovalutiamo quelli che vengono trascurati dai mezzi di informazione.
Allo stesso modo, le persone sono convinte di essere quasi del tutto immuni ai grandi rischi come il cancro causato dal fumo, il diabete o e gli infarti, ma, grazie all’azione dei mass media, valutano eccessivamente le cause di morte più drammatiche, come gli incidenti e gli uragani.
Per colmo dei fatti, nel momento in cui si comincia a pensare ai piccoli rischi, questi diventano grandi per il semplice motivo che sono presi in considerazione. «Si pensi alla familiare sensazione che ci coglie talvolta a bordo di un aeroplano: non appena ci chiediamo «che cos’era quel rumore?», la sensazione di rischio è già diventata molto più grande, e l’immaginazione già ci mostra un pilota disperato in una cabina piena di fumo».
Infine, diversi «studi hanno dimostrato che le persone sono spesso disposte ad accettare un rischio anche 1000 volte superiore purché sia un atto che deriva dalla loro volontà. L’ovvio esempio è rappresentato dall’individuo che sceglie di dedicarsi al paracadutismo acrobatico, ma che si indigna di fronte al rischio molto inferiore rappresentato dai pesticidi o dai conservanti negli alimenti, rischi che sono considerati inevitabili e quindi indipendenti dalla sua volontà» (Lomborg, B., 2003, L’ambientalista scettico. Non è vero che la terra è in pericolo, Mondadori, Milano, pp. 342-344).
Insomma, la nostra psicologia tende a confondere rischi reali con rischi presunti, rischi grandi con rischi minimi, rischi importanti con rischi trascurabili. E tutto questo grazie all’azione distorcente dei media che configurano una visione obliqua del mondo e delle cose che ci circondano.
Un vero pasticcio da cui ci si può districare solo facendo molta, molta attenzione e usando una buona dose di senso critico.