La mutevole percezione delle mascherine

Uno degli aspetti più sociologicamente notevoli della recente pandemia da Covid-19 è l’incredibile trasformazione che la percezione delle mascherine ha subito in soli pochi mesi presso il grosso pubblico. Provo a riassumere tale trasformazione in poche parole.

A febbraio 2020, dopo la proclamazione dello stato di emergenza da parte del premier Conte, la corsa alle mascherine fa sì che queste presto spariscano dalle farmacie. Sia le autorità che i media rassicurano e minimizzano; proclamano la loro inutilità, invitano a “non diffondere il panico” e a “non cambiare stile di vita”. L’accaparramento delle mascherine da parte dei cittadini viene bollato come comportamento irrazionale, isterico. Gli stessi farmacisti dichiarano ai loro avventori che non servono.

Almeno fino all’inizio di giugno 2020, la loro efficacia viene negata o indicata solo per ristrette categorie di persone (malati e operatori sanitari). Al tempo stesso, si dice che al più servono solo per proteggere gli altri (non se stessi), che diffondono un falso senso di sicurezza (favorendo condotte imprudenti come toccarsi e non lavarsi le mani), che presentano varie controindicazioni (impediscono di respirare ecc.). In estate, non è difficile trovare decaloghi nei negozi che invitano a “non” portare la mascherina (alcuni si vedono ancora oggi).

Improvvisamente, a partire proprio dall’estate, la percezione cambia: indossare mascherine al chiuso e all’aperto diventa un obbligo; quello che prima sembrava un inutile orpello estetico diventa improvvisamente un dispositivo di protezione individuale necessario, imprescindibile. I media martellano sulla assoluta indispensabilità delle mascherine. Chi non le indossa viene bollato come un criminale e sanzionato di conseguenza.

L’importanza delle mascherine acquisisce una tale rilevanza da essere interiorizzata dai cittadini, i quali esibiscono persistentemente la propria condotta disciplinata, sempre pronti a rialzare il lembo del dispositivo non appena si palesi un essere umano all’orizzonte.

Ormai, l’uso della mascherina è diventato una sorta di “seconda natura”, tanto che è ipotizzabile la sua persistenza ancora per diverso tempo, anche quando l’emergenza virus sarà terminata.

Insomma, in pochi mesi la percezione della mascherina è cambiata completamente a testimonianza del fatto che le opinioni delle persone possono essere facilmente modificate se autorità politiche e media premono sistematicamente su di esse.

La vicenda delle mascherine in epoca pandemica, per certi versi, è inquietante. Ci racconta come il panico dinanzi a una situazione sconosciuta possa modificare le nostre condotte nell’arco di pochi mesi. Il fatto è che, se oggi fossimo interrogati sull’utilità delle mascherine, molti di noi avrebbero perfino difficoltà a ricordare che solo pochi mesi fa il nostro atteggiamento nei loro confronti era quasi del tutto diverso.

Siamo convinti di possedere una personalità costante e solida. Il banco di prova della pandemia ci dice, al contrario, che è mutevole e fragile. Proprio come un virus.

Su questi tempi, rimando al mio recente Epidemia e panico morale.

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