La mostarda “spiona”

Olga_LjubatovichNelle memorie, risalenti agli anni 1878-1881, della terrorista russa Olga Ljubatovič (1853-1917), narrate in un vecchio libro della Savelli, dal titolo Memorie di donne terroriste (1979), viene menzionato un gustoso aneddoto che narra di una disavventura linguistica occorsa a uno dei protagonisti. Ljubatovič è a Ginevra, dopo un viaggio travagliato, e colloquia con il professor Dragomanov, redattore della rivista «Gromada», il quale persuade Khoma, il grafico della rivista, a raccontarle le sue avventure:

Dopo averci narrato un episodio della storia d’Italia del Medio Evo che aveva di recente studiato a Roma, spinse il suo grafico, che tutti chiamavano Khoma, a raccontarci come avesse girato l’intera Europa, passando anche per Parigi, senza usare altra lingua che il piccolo russo. Si trattava di una serie di scene comiche, che facevano ridere fragorosamente tutti i convitati. Khoma concluse il suo racconto narrandoci come, giunto a Parigi, avesse ceduto a una colpevole impazienza, barattando la sua lingua materna con il francese: il risultato era stato così penoso che si era poi giurato di non far uso mai più di quella lingua barbara in cui tutte le parole si somigliano. Giudicate voi, raccontava: porto delle salsicce calde e mi affretto a rientrare a casa prima che si raffreddino. All’improvviso, mi ricordo che non ho più mostarda in casa, e mi precipito in una drogheria e ordino: «Mouchard!». Il droghiere, senza dir parola, mi afferra per il colletto e mi spinge fuori, le mie salsicce precipitano nel fango ed eccomi senza pranzo. Sembra che bisognasse dire «moutarde» e a me invece è venuto sulla punta della lingua il termine «mouchard» («spione») – una parola che i Russi usano molto quando sono all’estero…

A chiunque sia stato all’estero senza conoscere la lingua del posto sono capitate disavventure linguistiche. Ma quante sono costate il pranzo del giorno? Se pensiamo che i terroristi dell’epoca, come quelli di oggi, erano costretti a vivere in clandestinità e a lesinare spesso sul pranzo, quanto occorso a Khoma apparirà forse in una luce meno comica e più drammatica. Da questo gustoso aneddoto è possibile trarre un insegnamento morale, come facevano gli antichi: anche per fare il terrorista bisogna conoscere le lingue.

Fonte:

Zasulič, V., Ljubatovič, O., Kovalskaja, E., 1979, Memorie di donne terroriste, Savelli Editore, Roma, p. 120.

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