La lettera filosofica di Voltaire sulle vaccinazioni

Nel 2015, lo Strategic Advisory Group of Experts (Sage) on Immunization dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha prodotto un importante lavoro sul fenomeno della Vaccine Hesitancy, confluito nelle  WHO Recommendations Regarding Vaccine Hesitancy.

Con il termine vaccine hesitancy (in italiano, “esitazione vaccinale”) si fa riferimento «al ritardo nell’accettazione o al rifiuto della vaccinazione nonostante la disponibilità di servizi per la vaccinazione. L’esitazione vaccinale è un fenomeno complesso e dipende dal contesto. Varia da periodo a periodo, da luogo a luogo e da vaccino a vaccino. È influenzato da fattori come soddisfazione, comodità e fiducia».

Il concetto di “esitazione vaccinale” è più ampio di quello di “anti-vax”. Mentre quest’ultimo esprime una avversione ideologica e pregiudiziale al vaccino, il primo riassume in sé un complesso più ampio di atteggiamenti, molti dei quali diffusi praticamente in tutta la popolazione. Si può essere, ad esempio, favorevoli, in linea di massima, alla vaccinazione e contrari o, comunque, dubbiosi, sull’efficacia di alcuni vaccini in particolare. Si può essere favorevoli ai vaccini obbligatori e scettici nei confronti di quelli non obbligatori. E così via.

In questo periodo, è evidente un livello piuttosto alto di esitazione vaccinale, causato da una serie davvero eterogenea di fattori, alcuni dei quali non del tutto spregevoli.

Rimane, comunque, uno zoccolo duro di individui che ritiene che inoculare vaccini sia da pazzi, che la loro somministrazione generalizzata nasconderebbe finalità eugenetiche di controllo demografico e che i vaccini servirebbero, in realtà, a introdurre nei nostri corpi sottili quanto diabolici dispositivi di controllo – i temutissimi chip sottocutanei – che disciplineranno definitivamente le nostre menti asservendole a onnipotenti “poteri forti”, i cui obiettivi reconditi (ma poi mica tanto) dovrebbero essere, fra gli altri, di fare di noi dei burattini di un sistema turbocapitalistico dedito al consumo incessante di merci inutili. Di solito, questi stessi individui si spendono contro ogni misura di restrizione della libertà, spacciata per “dittatura sanitaria”, e rivendicano il diritto al libero commercio delle merci e alla libera circolazione delle persone.

Contro queste argomentazioni, mi piace riprodurre l’undicesima delle Lettere filosofiche di Voltaire, intitolata “Sull’inoculazione del vaiolo”. Tra le altre cose, Voltaire ci dice che i vaccini sono nel nostro interesse, anche commerciale. Ciò significa che i vaccini servono proprio a permetterci di tutelare le nostre libertà e a garantire la libera circolazione di merci e persone. Il vaccino, dunque, non come dispositivo di controllo, ma come avamposto di libertà.

Undicesima lettera

Sull’inoculazione del vaiolo

Nella cristiana Europa si mormora che gli Inglesi sono pazzi e violenti: pazzi, perché inoculano il vaiolo ai loro figli per impedire loro di averlo; violenti, perché trasmettono allegramente una malattia certa e orribile, con l’intento di prevenire un male incerto. Gli Inglesi, da parte loro, affermano: «Gli altri Europei sono deboli e snaturati: deboli, perché paventano di fare un po’ di male ai loro figli, e snaturati, perché li espongono al rischio di morire un giorno di vaiolo». Per giudicare chi abbia ragione in questa controversia, ecco la storia di questa famosa inoculazione, di cui si parla fuori dell’Inghilterra con tanto orrore.

Le donne della Circassia, da tempo immemorabile, si tramandano l’usanza di inoculare il vaiolo ai loro bambini, fin dall’età di sei mesi, facendo loro un’incisione in un braccio, e applicando su quella incisione una pustola che hanno accuratamente tolto dal corpo di un altro bambino. Questa pustola, nel braccio in cui viene introdotta, produce l’effetto del lievito nella pasta; vi fermenta e diffonde nella massa del sangue le qualità che essa possiede. Le bolle del bambino a cui si è iniettato artificialmente il vaiolo servono a trasmettere la stessa malattia agli altri. Vi è una circolazione pressoché continua in Circassia; quando sfortunatamente nel paese non c’è più vaiolo, si è nello stesso imbarazzo che altrove si prova in un anno di carestia.

Ciò che introdusse in Circassia un tale costume, che sembra così strano ad altri popoli, fu nondimeno una causa comune a tutta la terra: la tenerezza materna e l’interesse.

I Circassi sono poveri e le loro figlie sono belle; e così sono per loro la principale fonte di guadagno. Forniscono di bellezze gli harem del gran Sultano, dello Scià di Persia, e di quanti sono abbastanza ricchi da acquistare e mantenere una tale preziosa mercanzia. Istruiscono le fanciulle con la più grande cura e la più grande innocenza a eseguire danze piene di lascivia e di mollezza, a ridestare con i più voluttuosi artifici la brama degli sdegnosi signori a cui sono destinate: quelle povere creature quotidianamente ripetono la lezione con la madre, come le nostre bambine ripetono il catechismo, senza nulla comprendere.

Ora, accadeva spesso che un padre e una madre, dopo avere tanto penato per dare una buona educazione alle figlie, vedessero di colpo frustrate le loro speranze. Si diffondeva il vaiolo in famiglia; una figlia moriva, un’altra perdeva un occhio, una terza, pur guarendo, restava con il naso tumido; e quella povera gente era irrimediabilmente rovinata. Spesso, quando il vaiolo diventava epidemico, il commercio rimaneva interrotto per molti anni, il che provocava una notevole diminuzione nei serragli della Persia e della Turchia.

Una nazione che commercia vigila sempre con cura sui propri interessi, e non trascura nessuna conoscenza possa risultare utile ai suoi traffici. I Circassi si accorsero che, su mille individui, se ne trovava uno solo che avesse avuto due volte un attacco grave di vaiolo, e che in realtà si poteva talvolta prendere il vaiolo tre o quattro volte in forma leggera, ma non accadeva mai di subire due attacchi decisamente pericolosi; in una parola, quella malattia non la si può contrarre due volte nella vita. Notarono inoltre che, quando il vaiolo è molto benigno e la sua eruzione incontra una pelle fine e delicata da penetrare, non lascia nessun segno sul viso. Da queste naturali osservazioni conclusero che se un bambino di sei mesi o di un anno veniva colpito da una forma benigna di vaiolo, non ne moriva, non ne rimaneva segnato, e restava immune da quella malattia per il resto dei suoi giorni.

Per conservare, dunque, la vita e la bellezza dei loro figli non restava che inoculare loro il vaiolo per tempo; ed è ciò che essi fecero, applicando al corpo del bambino una bolla tolta dal vaiolo più completo e più benigno che si potesse trovare. La riuscita dell’esperimento non poteva mancare. I Turchi, che sono gente assennata, adottarono subito dopo quell’usanza, e oggi non c’è pascià, a Costantinopoli, che non inoculi il vaiolo al figlio e alla figlia durante lo svezzamento.

Alcuni sostengono che i Circassi in passato ereditarono questa usanza dagli Arabi; ma lasciamo il chiarimento di questo problema storico a qualche dotto benedettino, che non mancherà di scrivere sull’argomento molti volumi in folio corredati di prove. Tutto quanto ho da dire in materia è che, agli inizi del regno di Giorgio I, la signora di Wortley-Montaigu, una delle donne più brillanti e più acute d’Inghilterra, essendo con il marito all’ambasciata di Costantinopoli, decise di inoculare senza scrupoli il vaiolo a un figlio che aveva dato alla luce in quel paese. Il suo cappellano ebbe un bel dirle che quell’esperimento era cristiano e che poteva riuscire solo tra gli infedeli: il figlio della signora Wortley lo superò a meraviglia. La signora, al suo ritorno a Londra, rese noto il suo esperimento alla principessa del Galles, che oggi è regina. Bisogna ammettere che, titoli e corone a parte, questa principessa è nata per incoraggiare tutte le arti e per beneficare l’umanità; è un amabile filosofo in trono; non ha mai perso né un’occasione per istruirsi né un’occasione per manifestare la sua generosità; è lei che, avendo sentito dire che una figlia di Milton viveva ancora e viveva in miseria, le inviò immediatamente un munifico dono; è lei che protegge il povero padre Courayer; fu lei a compiacersi di fare da mediatrice fra il dottor Clarke e il signor Leibnitz. Non appena sentì parlare dell’inoculazione o applicazione del vaiolo, ne fece fare la prova su quattro criminali condannati a morte, ai quali salvò doppiamente la vita; non soltanto, infatti, li sottrasse al patibolo ma grazie al vaiolo artificiale prevenne quello naturale, che probabilmente essi avrebbero contratto e di cui forse sarebbero morti in età più avanzata.

La principessa, verificata l’utilità di questa prova, fece inoculare il vaiolo ai propri figli: l’Inghilterra seguì il suo esempio, e da allora almeno diecimila figli delle migliori famiglie devono così la vita alla regina e alla signora Wortley-Montaigu, e altrettante ragazze devono a loro la propria bellezza.

Su cento persone al mondo, almeno sessanta contraggono il vaiolo; di queste sessanta, venti ne muoiono negli anni migliori e venti ne conservano per sempre le dolorose conseguenze: la quinta parte dell’umanità è dunque uccisa o sicuramente deturpata da questa malattia. Di quanti subiscono l’inoculazione in Turchia e in Inghilterra, nessuno muore, se non è infermo e condannato a morte per altre cause; nessuno rimane segnato; nessuno prende il vaiolo una seconda volta, a patto che l’inoculazione sia stata perfetta. È dunque evidente che se un’ambasciatrice francese avesse portato quel segreto da Costantinopoli a Parigi, avrebbe reso un servizio eterno alla nazione; il duca di Villequier, padre dell’attuale duca d’Aumont, l’uomo meglio conformato e più sano di Francia, non sarebbe morto nel fiore degli anni.

Il principe di Soubise, che godeva della più florida salute, non sarebbe scomparso all’età di venticinque anni; Monsignore, nonno di Luigi XV, non sarebbe stato seppellito a cinquant’anni; ventimila persone, morte a Parigi di vaiolo nel 1723, vivrebbero ancora. Ma allora? I Francesi non amano forse la vita? Forse le loro donne non si curano della propria bellezza? In verità, siamo strana gente! Forse tra dieci anni adotteremo il metodo inglese, se i curati e i medici lo permetteranno; oppure potrà accadere che i Francesi, fra tre mesi, adotteranno l’inoculazione per capriccio, se gli Inglesi la rifiuteranno per incostanza.

So che da cent’anni i Cinesi seguono questa usanza; costituisce un grande precedente l’esempio di una nazione ritenuta la più saggia e la più civile dell’universo. Va detto, comunque, che i Cinesi l’applicano in modo diverso; non fanno incisioni; fanno aspirare il vaiolo attraverso il naso, come tabacco in polvere; è un modo più gradevole, ma l’efficacia è la stessa, e serve ugualmente a confermare che, se l’inoculazione fosse stata praticata in Francia, sarebbe salvata la vita a migliaia di persone.

Fonte: Voltaire, 1987, Lettere filosofiche, SE, Milano

 

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