La fallacia naturalistica consiste nel ricavare una norma o principio con valore prescrittivo da un fatto che accade in natura. Essa assume la forma: “Dal momento che le cose stanno in questo modo, devono essere così”. È una fallacia particolarmente capziosa perché si insinua nei nostri discorsi in maniera subdola imponendosi spesso con un’evidenza apparentemente incontrovertibile. Non a caso viene adoperata da persuasori, politici, retori ecc. per dimostrare la verità dei loro assunti. L’errore sta nel fatto che non è corretto logicamente derivare da premesse esclusivamente descrittive una conclusione prescrittiva (avente, cioè, la funzione di guidare il comportamento degli individui).
L’espressione si trova per la prima volta nei Principia ethica (1903) del filosofo inglese George Edward Moore con il nome di naturalistic fallacy, ma di essa si trova traccia già nell’ultima pagina del Trattato sulla natura umana, libro terzo, sezione prima del filosofo scozzese David Hume, il quale scrive:
In ogni sistema morale in cui finora mi sono imbattuto, ho sempre trovato che l’autore va avanti per un po’ ragionando nel modo più consueto, e afferma l’esistenza di un Dio, o fa delle osservazioni sulle cose umane; poi tutto a un tratto scopro con sorpresa che al posto delle abituali copule è o non è incontro solo proposizioni che sono collegate con un deve o un non deve; si tratta di un cambiamento impercettibile, ma che ha, tuttavia, la più grande importanza. Infatti, dato che questi deve, o non deve, esprimono una nuova relazione o una nuova affermazione, è necessario che siano osservati e spiegati; e che allo stesso tempo si dia una ragione per ciò che sembra del tutto inconcepibile ovvero che questa nuova relazione possa costituire una deduzione da altre relazioni da essa completamente differenti.
La fallacia naturalistica è manifestata tipicamente da chi sostiene che qualcosa è buono o giusto perché è naturale oppure che qualcosa è immorale perché è contro natura. Gli esempi sono numerosi.
Prendiamo l’omosessualità. Quando le conoscenze sul comportamento sessuale degli animali non erano sviluppate, si diceva che l’omosessualità era contro natura perché non presente nel mondo animale. Oggi che si conosce quanto sia diffusa tra gli animali, il medesimo argomento naturalistico viene adoperato per conferire un significato di normalità all’omosessualità.
Chi osserva la quantità di violenza presente nel mondo animale tende talvolta a ritenere che essa sia ineliminabile dalle comunità umane perché iscritta nei nostri geni. In questo modo, si ricava un principio prescrittivo (l’uomo è irrimediabilmente violento) da un’osservazione naturalistica.
La fallacia è insita anche in tante argomentazioni che sostengono la “naturale” tendenza dell’umanità a una dieta vegetariana sulla scorta del fatto che alcune specie animali, pure forti e robuste, come il rinoceronte, si nutrono esclusivamente di foglie, radici e rami.
Alcune posizioni sessuali sono state storicamente giudicate innaturali fino a quando non ci si è resi conto che, in realtà, erano molto diffuse in natura.
In tutti questi esempi, l’osservazione di un comportamento nel mondo animale viene tradotta in una prescrizione per gli umani. L’assurdità di questa argomentazione è evidente se consideriamo alcune condotte che caratterizzano il comportamento di alcune specie animali.
Prendiamo il caso della mantide religiosa. Questa, non appena smette di copulare con il maschio, lo decapita e se ne nutre. Dovremmo forse trarre da questo comportamento una sorta di giustificazione all’uccisione dei maschi umani da parte delle femmine dopo la copula?
Oppure, consideriamo lo stupro. Dovrebbe forse essere lecito perché è presente nel comportamento di diverse specie animali, ad esempio, negli oranghi maschi, nella mosca scorpione e nel germano reale?
Ancora. Gli etologi Wrangham e Peterson affermano che «lungi dall’essere anormale, l’infanticidio per gli animali è routine» (2005, p. 129). L’infanticidio, ad esempio, è diffuso presso i gorilla. Significa forse che l’infanticidio dovrebbe essere ammesso anche nelle società umane?
In sostanza, non è possibile giustificare un comportamento (“lo stupro è buono”) solo perché esso è presente in natura (“gli oranghi stuprano”). I parallelismi con gli animali non devono mai essere una scusa per legittimare un comportamento.
La fallacia naturalistica riscuote, tuttavia, parecchio successo presso i contemporanei a causa dell’alone quasi magico che circonda il termine “natura”. Ecco perché è particolarmente temibile e dovremmo sempre stare in guardia quando ci viene proposta in una conversazione o in un discorso.
Riferimenti
Hume, D., 2008, Opere filosofiche. Trattato sulla natura umana, Laterza, Roma-Bari.
Wrangham, R., Peterson, D., 2005, Maschi bestiali. Basi biologiche della violenza, Franco Muzzio Editore, Roma.